LA FOTOGRAFIA la scatta il giudice nella valutazione finale delle osservazioni operate dai carabinieri di via Inselci, che per mesi hanno ripreso comportamenti e intercettato parole fino a legarli in un quadro indiziario che ha portato 9 persone sotto misura restrittiva, in totale 27 sottoposte ad indagine. È lo scandalo giudiziario che si è abbattuto sull’iter di realizzazione dello stadio della Roma, ma anche l’analisi del contesto in cui i presunti illeciti si sarebbero determinati. Principalmente il Comune di Roma, permeato dall’azione corruttiva messa in atto in maniera continuativa da Luca Lanzalone, tra gli arrestati, per i magistrati il dominus di parte pubblica nel sistema di Luca Parnasi. Avvocato sceso da Genova per risolvere il dossier stadio su decisione di Grillo, Casaleggio e dei vertici politici del movimento, nella propaganda 5Stelle era diventato un filantropo e indefesso lavoratore a costo zero, nella realtà solo un moderno faccendiere di stampo antico. Colui che nell’azione di Parnasi, finalizzata alla corruzione dei pubblici ufficiali, avrebbe trovato il suo brodo di coltura. In relazione a Lanzalone e alla sua funzione all’interno del Campidoglio, è proprio il Gip Maria Paola Tommaselli a definire i ruoli dell’indirizzo politico pentastellato nell’inchiesta.

Nella ordinanza con cui dispone le misure cautelari, le parole del magistrato non lasciano adito a dubbi:“Le indagini hanno rilevato elementi concordi e tali da ritenere che le figure istituzionali interessate, a cominciare dal sindaco Virginia Raggi, hanno tollerato tale funzione (quella di Lanzalone ndg) di fatto esercitata, ma al contrario le hanno dato piena legittimità”. Lanzalone era un consulente senza inquadramento giuridico all’interno dell’Ente, non aveva contratto, eppure era in grado di condizionare le scelte della commissione urbanistica, nei singoli consiglieri 5Stelle, dell’aula Giulio Cesare, dello stesso sindaco Raggi. Una influenza esercitata per oltre un anno anche negli uffici del Comune, dove dipendenti, funzionari, dirigenti lo ragguagliavano delle pratiche di suo interesse, transitando informazioni coperte da segreto d’ufficio che egli usava per il perseguimento dei suoi obiettivi privatissimi. Dal quadro indiziario è emerso che era stato così alla vigilia dell’approvazione in Giunta della delibera di pubblico interesse sullo stadio della Roma, nel giugno del 2017. Lanzalone ottenne di conoscere in anticipo il contenuto dell’atto in modo di sottoporlo all’attenzione dei collaboratori di Parnasi per “eventuali correzioni”.

Un vulnus di rilevante portata, che per i magistrati ha addirittura circoscritto le condizioni per l’attività criminosa. E che getta ombre inquietanti sull’intera azione del governo cittadino, dello stesso consiglio comunale, della Città Metropolitana di Roma di cui Virgiana Raggi è presidente, finita a sua volta nel raggio di interesse di Lanzalone e Parnasi per via di alcune istruttorie urbanistiche riconducibili all’imprenditore e al vaglio degli inquirenti. Tutto scritto nelle oltre 300 pagine della ordinanza firmata dal Gip. L’avvocato, nominato (anche) presidente di Acea, in oltre un anno di attività  mai formalizzata all’interno del Comune di Roma, ha scansato le istituzioni democratiche assumendo scelte strategiche, definendo inadeguatezze e limiti strutturali, difficilmente sanabili, di sindaco e maggioranza consiliare. Raggi si tira fuori da ogni responsabilità penale, lo ha detto ieri ai magistrati che l’hanno sentita in Procura: “Lanzalone mi venne imposto da Bonafede (il ministro “reclutatore” di figure professionali per gli enti locali), riuscendo così a definire perfettamente le sue gravi mancanze politiche e istituzionali. Sarebbe già molto per meditare dimissioni.

AUTORE: Elisabetta Aniballi

Blogger e Giornalista professionista. Nella sua trentennale carriera ha maturato esperienze prevalentemente nella carta stampata senza mai nascondere l'amore per la radio, si occupa inoltre di comunicazione politica e istituzionale.

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