CI SONO passaggi della ordinanza davvero esplicativi del rapporto “collaudato da anni di frequentazioni”. Ma anche indicativi della spregiudicatezza con cui Adriano Palozzi si interfacciava con Luca Parnasi, nella assunzione di comportamenti di “totale asservimento” all’imprenditore. Per entrambi il Gip (giudice per le indagini preliminari) del Tribunale di Roma, Maria Paola Tomaselli, ha disposto misure cautelari, accogliendo la istruttoria del Pm Paolo Ielo: nel carcere milanese di San Vittore per Parnasi, ai domiciliari per l’ex sindaco di Marino, consigliere regionale e vice presidente dell’assemblea in quota Forza Italia Adriano Palozzi. Meno grave per “pervicacia e spregiudicatezza” è, secondo il magistrato, la condotta dell’altro indagato eccellente della politica laziale nell’ambito della inchiesta sullo stadio della Roma, raggiunto anch’egli da misura restrittiva: l’ex assessore alle Politiche del territorio e alla mobilità Michele Civita (Partito democratico). Anche se, rispetto alla modalità con cui si rapporta al Parnasi, “l’uomo di Zingaretti è, nella tesi del Gip, “perfettamente inserito in un rapporto corruttivo che si è prolungato nel tempo e si è manifestato attraverso un costante atteggiamento di favore nei confronti del gruppo imprenditoriale”.

Palozzi e Civita sono agli arresti domiciliare da ieri (14 giugno) insieme ad altri sette con le accuse di corruzione. Per loro il magistrato ha disposto la misura cautelare nella convinzione di un reale pericolo di inquinamento delle prove e di reiterazione dei reati. Nelle intercettazioni telefoniche e ambientali (integralmente riportante nelle oltre 300 pagine della ordinanza con cui il Gip ha disposto i provvedimenti) ci sono le assidue frequentazioni, la qualità dei rapporti, la materializzazione dei favori in cambio di sostegno elettorale o personale, che nella ormai consolidata visione dei giudici “allarga” il reato di corruzione per i pubblici ufficiali, ai comportamenti lesivi dei principi istituzionali di correttezza e imparzialità della pubblica amministrazione, al dare o promettere utilità anche in assenza di mazzette o tangenti.

Adriano Palozzi entra nel “sistema corruttivo” oggetto di indagine (e attuato dal Parnasi) alla vigilia delle elezioni regionali dello scorso 4 marzo. Ha bisogno di un contributo a sostegno di una campagna per la sua rielezione a consigliere regionale che si preannuncia dispendiosa, “me ce vorranno 4/500mila euro […] vedi tu quello che poi fa’”. Parnasi elargirà alla fine 25mila euro iva inclusa, non prima però di aver tenuto Palozzi sui carboni ardenti per mesi, al fine di meglio perseguire gli obiettivi sui procedimenti aperti in quel momento in Regione Lazio e che riguardano lo stadio della Roma. Lo testimoniano  intercettazioni telefoniche e captazioni ambientali tra Parnasi, i suoi collaboratori finiti con lui a San Vittore, Vanessa Aznar, amica di Palozzi, 37enne anche lei indagata per reati fiscali, prestanome della società Pixie social Srl “riconducibile a Palozzi”, sui cui conti correnti verranno accreditate le somme frutto della “dazione illecita”. Soldi promessi a Palozzi  il 6 novembre 2017 nel primo incontro con Parnasi, liquidate a fine febbraio 2018. Una settimana prima delle Elezioni. Con tutto il disappunto che Palozzi non può non manifestare, intercettato al telefono con la Aznar alla vigilia dell’apertura della campagna elettorale al teatro Brancaccio di Roma avvenuta il 2 febbraio, “mo questo lo chiamo io domani… mo me stanno a fa’ incaz…”.

Nelle carte del Gip, il livello di “asservimento” ma anche la grande considerazione che il consigliere ha di sé: “Io mi ricandido e vado a fare l’assessore in Regione […] già abbiamo chiuso, e ti dico senza falsa modestia…”. “Ma tu che voi fare?” chiede Parnasi: “Quello che ci è utile lù, parliamone […] Urbanistica […] Lavori pubblici”. L’imprenditore non disegna la Sanità e lo fa presente, “vabbé quello c’è utile, Urbanistica o Sanità”. Dunque, la discussione scivola sui soldi e sul modo di farli uscire da una delle società di Parnasi per i conti di Pixel intestati alla Anzar, “sono bravissimi e lei è pure una bella ragazza mulatta, però è spagnola” dice Palozzi. Dal primo, di incontri ne seguiranno altri. Come quello del 28 dicembre. Il forzista non sa di essere intercettato e registrato dai carabinieri di via Inselci attraverso il suo dispositivo di telefonia mobile. Nel primo pomeriggio chiama Parnasi per sollecitare la faccenda del contributo, quindi va a trovarlo in ufficio dove il sistema di captazione ambientale, installato nella stanza dell’imprenditore, immortala gesti e filtra parole. “Siamo forti […] c’ho una squadra fortissima […] stavolta arrivo primo e bisso il secondo degli eletti […] tutti mi appoggiano, […] 9mila voti prendo dopo che ho fatto il segretario provinciale”, dice Palozzi per far meglio comprendere le chances di riuscita; “però mi devi iniziare a dare una mano sennò non so dove sbattere la testa”. Nelle conversazioni successive intercettate dall’Arma e riprese in una cinquantina di pagine della ordinanza, uno dei collabori di Parnasi definirà la vicenda del contributo a Palozzi “come un film di Hollywwod”. Soprattutto per la entrata in scena della Anznar che deve contrattare le modalità di accredito delle somme pattuite a fronte di un progetto di comunicazione ritenuto dalla procura “fittizio per giustificare il transito illecito di denaro”.

Un posto di lavoro per il figlio di Michele Civita. Che Luca Parnasi avrebbe promesso all’ex assessore regionale in cambio di “interventi volti a sollecitare la rapida chiusura” in favore della società di Parnasi “della conferenza di servizi per l’approvazione del medesimo progetto, ed in genere per l’asservimento della funzione agli interessi del Parnasi e del gruppo imprenditoriale a lui riconducibile in violazione dei doveri istituzionali di imparzialità e correttezza”. Nelle intercettazioni citate nel provvedimento del Gip è contenuto un dialogo tra Civita e Parnasi. “Io ti voglio chiedere una cortesia per mio figlio? Tu me l’avevi detto no? Allora ovviamente per ragioni di opportunità nulla che riguarda le tue società. Ovviamente. Però tu mi avevi detto con qualcuno? Lui è laureato in Economia. Se ti mando il curriculum?”. La conversazione con l’imprenditore è intercettata dagli inquirenti in un bar della Capitale l’8 marzo 2019. Per il Gip non un caso sporadico. Civita risulterebbe “perfettamente inserito in un rapporto corruttivo che si è prolungato nel tempo e si è manifestato attraverso un costante atteggiamento di favore nei confronti del gruppo imprenditoriale”.

 

AUTORE: Elisabetta Aniballi

Blogger e Giornalista professionista. Nella sua trentennale carriera ha maturato esperienze prevalentemente nella carta stampata senza mai nascondere l'amore per la radio, si occupa inoltre di comunicazione politica e istituzionale.

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