IL PIANO generale regionale dei rifiuti del Lazio arriva in aula. Il provvedimento è iscritto all’ordine del giorno della seduta programmata martedì 28 luglio. Il testo da cui si parte è quello licenziato dalla giunta di Nicola Zingaretti a dicembre 2019, senza che la commissione Rifiuti sia riuscita a correggerlo con i 300 emendamenti frutto del confronto con le associazioni ambientaliste e i comitati di quartiere. Un colpo di spugna reso possibile dalle assenze provvidenziali di un paio di consiglieri di centrodestra, tra cui la leghista Laura Cartaginese, ormai stampella a tempo pieno del governatore del Lazio e del Pd regionale.

Il testo licenziato dalla giunta è quello dal titolo altisonante dell’economia circolare applicata al ciclo dei rifiuti: linee guida. Dietro al paravento degli slogan e della propaganda zingarettiana, ci sono i perni attorno ai quali ruota il piano. Tre per l’esattezza. Che risolveranno la criticità regionale rappresentata dal sistema di smaltimento di Roma Capitale. Sono gli impianti già esistenti di trattamento e recupero di Guidonia Montecelio e di Aprilia. Per il primo la Regione ha già autorizzato un nuovo collaudo, al secondo, tra le polemiche, ha concesso un ampliamento della discarica di servizio. Poi, c’è la riconversione dell’inceneritore di Colleferro a cura di LazioAmbiente Spa in collaborazione con università e istituti di ricerca in un compound industriale. Un distretto di lavorazione dei rifiuti a freddo, senza processi di combustione, a impatto ambientale zero. Il progetto è a uno stadio avanzato.

Sotto il profilo delle procedure autorizzatorie tutto ha preso forma nelle ultime settimane, con una accelerazione davvero singolare. Una volta trattata nei Tmb, l’immondizia di Roma dovrebbe trovare conferimento in un sito discarica per inerti presumibilmente individuato dal sindaco Virginia Raggi, attraverso Ama, sul territorio capitolino. Dalle parti della Valle Galeria. Questa almeno era l’idea, prima delle sommosse dei residenti. Un ciclo dei rifiuti aperto e chiuso all’interno del sub Ato di Roma e negli impianti di prossimità della sua provincia, anche per quanto riguarda lo smaltimento nei siti autorizzati individuati dalla competente Città Metropolitana di Roma. Tutto come previsto dalla giunta a dicembre. E con l’impianto di Guidonia subentrato in corsa, in sostituzione del tritovagliatore di Rocca Cencia, qualche settimana fa oggetto di un provvedimento di sequestro cautelativo della magistratura. Roma produce il 60% dei Rifiuti dell’intero territorio regionale e oggi conferisce il 100% di quelli indifferenziati fuori dai confini comunali. Ovvero nel resto della Regione, in Italia e all’estero. Con una spesa che si aggira intorno ai 90 mila euro al giorno e quasi 40 milioni l’anno per trasportare i rifiuti fuori città e fuori regione.

Gestione lineare e gestione circolare del ciclo dei rifiuti

L’assessore ai rifiuti della Regione Massimiliano Valeriani ha già detto che si tratta di una rivoluzione epocale. Che passa da una gestione lineare del rifiuto (raccolta e smaltimento in discarica o in termovalorizzatore) a una circolare, in cui, progressivamente, la parte del leone dovranno farla la riduzione della quantità prodotta, il riciclo e il riuso e non più lo smaltimento. Il tutto in base ai principi dell’autosufficienza e della prossimità: il ciclo va chiuso all’interno degli ambiti territoriali (Ato) individuati in deroga negli impianti di prossimità. Il piano prevede cinque Ato, più un sub ambito per il Comune di Roma. Sarà così?. Per molti addetti ai lavori la visione di Valeriani è un libro dei sogni. Nell’imminente l’intero sistema di smaltimento ruoterà su pochi impianti, quelli già menzionati, e senza nuovi inceneritori. Un piano insufficiente a garantire l’autosufficienza a Roma e quindi all’intera regione.

La commissione rifiuti scippata della sua competenza

«Gli emendamenti presentati (circa di 300) si sarebbero potuti ragionevolmente esaminare – ha spiegato il presidente Marco Cacciatore (ex 5Stelle) – in poche sedute di commissione Rifiuti». Invece, per l’assenza strategica di Laura Cartaginese (Lega, ex Forza Italia), e senza entrare troppo nei tecnicismi, la discussione e l’approvazione delle correzioni da portare in aula sono saltate. Rinviando direttamente al consiglio regionale ogni decisione. Sarà quello ora il terreno di scontro. Dove potrebbe intervenire la tagliola della delibera già licenziata dalla giunta, che farebbe automaticamente decadere tutti gli emendamenti. Tecnicismi appunto. Furbizie procedurali. Nelle dichiarazioni di Cacciatore, in commissione, la scorsa settimana, è andata più o meno così: dopo i lunghi interventi dei consiglieri M5S, e dopo un confronto con i vicepresidenti per concertare la decisione di integrare in commissione il piano della giunta, come annunciato, si è proceduto al voto. A quel punto Cartaginese ha lasciato la seduta, determinando l’approvazione del rinvio all’aula come chiesto dal Pd. Il lavoro della commissione è finito in quel momento. Una forzatura della maggioranza con l’appoggio della leghista. Martedì comincia la battaglia decisiva. Quella che si compirà al consiglio regionale. In primo luogo sulla «irrinunciabilità dei sei Ato per il Lazio compreso quello a sé stante di Roma». Autosufficienza e prossimità sono principi di legge. Tradotto: la capitale non potrà conferire negli ambiti territoriali di Latina o Viterbo ma in quelli della sua provincia sì.

AUTORE: Elisabetta Aniballi

Blogger e Giornalista professionista. Nella sua trentennale carriera ha maturato esperienze prevalentemente nella carta stampata senza mai nascondere l'amore per la radio, si occupa inoltre di comunicazione politica e istituzionale.

2 Commenti
  • ROBERTO ANDREANI

    A Copenhagen hanno un gigantesco term0valorizzatore nel mezzo della città con sopra pista da sci. A Monaco di Baviera tre termovalorizzatori intorno alla città. Nessun problema di inquinamento. Anche a Brescia poi. A Roma evidentemente i termovalorizzatori sono tabù (non sappiamo farli funzionare in modo corretto per non inquinare ?). Quindi siamo costretti a fare i salti mortali per risolvere il problema dei rifiuti, per finire poi, come avviene sinora, a dover pagare gli altri per prenderseli, permettendo loro di produrne energia elettrica a nostre spese oltre a produrre ulteriore inquinamento con tutto il traffico di TIR che li trasportano.
    Siamo il paese di bengodi.

    Agosto 3, 2020

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