GUIDONIA – Hanno fatto più della legge. Rendendo espliciti, oltre ogni incapacità interpretativa, i contenuti a favore delle politiche gender. Una scelta politica dei 5Stelle al governo della città che piace alle élite, ovvero alle minoranze. Per il resto, il nuovo regolamento contro le discriminazioni, ogni forma di diseguaglianza, e in ultima battuta “per le pari opportunità” (tra uomini e donne ma anche no) è un pasticcio. In primo luogo in relazione alla riorganizzazione delle funzioni: scompare la Consulta così come immaginata (e regolamentata) in passato. Via i membri laici nominati dalla Commissione e ratificati dall’assemblea consiliare, le decisioni in materia vengono consegnate nelle mani delle elette con ampio margine discrezionale sulle scelte. E con tanto di distinzione tra maggioranza e opposizione cui rigidamente spettano, da regolamento, le nomine rispettivamente del presidente e del vice con pieni poteri esecutori.  Mentre l’indirizzo diventa appannaggio dei “gruppi di lavoro” cari ai pentastellati, e delle associazioni locali attive sul fronte dei diritti civili. Un guazzabuglio certamente non rappresentativo della stragrande maggioranza dei cittadini.  E estensivo delle leggi che in questi anni hanno tentato di rilanciare la educazione alla parità, opponendosi allo stereotipo che la violenza di genere potesse coincidere con le teorie che mirano (erroneamente) a superare le differenze tra maschi e femmine. Esattamente ciò che sta accadendo a Guidonia con il nuovo regolamento.

Insomma, un atto controverso, scritto male e pieno di contraddizioni (leggi qui). Per ora solo una bozza che, senza correzioni (improbabili) rischia di arrivare all’approvazione dell’aula così com’è. Trasformandosi nel pastrocchio a 5Stelle per definizione. Un regolamento che, in teoria, si pone l’obiettivo di contrastare le discriminazioni promuovendo le pari opportunità, ma che in pratica marca – prevalentemente e con formula esplicitamente ambigua se riferita ai “comportamenti patriarcali” (testuale) – già nelle premesse una differenza essa stessa discriminatoria. Uno svarione? Non il solo. Un pastrocchio che snatura inoltre la funzione degli strumenti comunali, costruiti negli anni per promuovere le pari opportunità tra uomo e donna nella società e nel lavoro nell’ambito delle più strette competenze di una amministrazione pubblica. Che allarga all’inverosimile il raggio d’azione, introitando formule di distinzione operata in base a un pre-giudizio (o classificazione) al solo fine di ricalibrare una identità maschile troppo connaturata, nella testa degli estensori, su vecchi codici e modelli patriarcali tradizionali. Nemmeno la legge era arrivata a tanto. Ecco dunque che mentre si “normano” propositi contro il “razzismo” e “l’omofobia”, si finisce per scadere nella discriminazione verso il modello culturale prevalente nella società italiana.

Un regolamento che favorisce apertamente nelle scuole e nella comunità la promozione delle teorie gender laddove all’articolo 3 sancisce, senza mediazione linguistica e in modo esplicito, il proliferare  di quelle “iniziative pubbliche e di studio per l’approfondimento e la conoscenza di nuove 
forme di diversità, sessuale e non, come la transessualità e l’asessualità grazie al 
coinvolgimento diretto della comunità cittadina e del mondo dell’associazionismo diffuso”. Insomma, oltre la legge, in nome di una cultura minoritaria che a Guidonia diventa dominante e che induce però a una domanda: chi è stato a decidere la linea?

 

AUTORE: Elisabetta Aniballi

Blogger e Giornalista professionista. Nella sua trentennale carriera ha maturato esperienze prevalentemente nella carta stampata senza mai nascondere l'amore per la radio, si occupa inoltre di comunicazione politica e istituzionale.

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