“Nulla rischia di uccidere la democrazia più che l’eccesso di democrazia” i limiti di un governo cittadino targato Movimento 5 Stelle
GUIDONIA MONTECELIO – La gente è arrabbiata, perde il lavoro, e quando lo mantiene fa fatica a arrivare a fine mese. La cattiva gestione della risorsa pubblica ha compromesso il sistema di ammortizzatori che garantiva alle famiglie sussidi, sconti sui servizi scolastici, imposte comunali sotto soglia, una rete solidale che è andata in crisi, con la conseguenza che la gestione commissariale ha portato aliquote e tariffe al massimo consentito dalla legge sui tributi locali, tagliando benefit, e mense e trasporto scolastico d’ora in avanti costeranno un botto.
Questi trascorsi a Guidonia Montecelio sono stati poi gli anni degli scandali giudiziari, con il sindaco Eligio Rubeis arrestato per corruzione e concussione, il suo vice Andrea Di Palma accusato di avere intascato una mazzetta da 50 mila euro; sotto la lente della magistratura investigativa sono finiti inoltre dirigenti e funzionari, a vario titolo e in diverse inchieste giudiziarie, indagati o finiti sotto processo in sostanza per avere male amministrato le risorse pubbliche, collettive, dilapidate o ancora peggio essersene appropriati. Per tutte queste ragioni la città è fortemente candidata a finire nelle mani del Movimento 5 stelle. Una forza politica di cittadini che coagula il voto di protesta in Italia. Tuttavia localmente i big pentastellati, già rappresentativi del grillismo nella istituzione consiliare nei due anni di opposizione al governo Rubeis, non se la sono sentita di accettare la investitura. Per motivi personali, di inopportunità se non di opportunismo, Sebastiano Cubeddu e Giuliano Santoboni hanno rifiutato di candidarsi a sindaco. Portando la compagine movimentista a ripiegare su Michel Barbet, francese di nascita e guidoniano d’azione, impiegato dell’Ance (associazione nazionale costruttori edili), ex operaio specializzato, di tanto in tanto cameriere per sbarcare il lunario, comunque digiuno di amministrazione e privo di esperienze politiche. In caso di elezione, probabile a questo punto, sarebbe affiancato nel difficile compito di risollevare le sorti della città da un gruppo di lavoro composto (anche) da sciamannati (locali), cresciuti a pane e grillismo, insulti compresi. Una pletora di personaggi spesso non certo estranea alla politica e ai partiti tradizionali. Molti tra loro sono riciclati dai partiti o dal sindacato dopo emarginazioni e sconfitte trovando nel movimento nuova linfa e opportunità di carriera.
Sono in sostanza i “normotipi popolari italiani” per definirli come Michele Serra che combattono la “casta” depravata e rubereccia ponendosi quale alternativa. Sbandierando la bandiera della onestà, sbraitano contro la “casta” ma ove arrivassero a farne parte, si comporterebbero come la “casta”? Il pericolo c’è, non si cambia una città se non se ne cambia la cultura, e a Guidonia è indubbio vi sia stata una mescolanza d’intenti, di interessi, tra una classe dirigente che in questi anni l’ha cosi male amministrata e i cittadini elettori che in percentuali non irrilevanti quella stessa classe dirigente l’hanno scelta in cambio di favori, raccomandazioni e spintarelle per un posto di lavoro, e non basta cambiare vessillo per cambiare lo stato delle cose.
In questa città, tra i nuovi pentastellati, come nelle vecchie guardie del sindacato o dei partiti, ad onor di verità e senza ipocrisie, c’è chi invoca cambiamento e dice basta alle ruberie, al nepotismo, ai favori, dispensando buoni propositi ma i figli ce li ha già tutti belli e sistemati. I figli, gli amici dei figli, le moglie le cognate e i parenti tutti, un dato di fatto inconfutabile, senza necessità di fare nomi e cognomi, la cronaca se ne è occupata a lungo.
A Guidonia non esiste un “ceto parassitario alieno alla brava gente che lavora” parafrasando ancora Michele Serra, ma un sistema che si autoconserva. Ora il rischio che si prefigura con l’affermazione del movimento nelle urne amministrative è quello così ben ipotizzato da Norberto Bobbio secondo cui “Nulla rischia di uccidere la democrazia più che l’eccesso di democrazia”.