Nido di Vespe. Parte1/Faceva attività d’intelligence e riferiva alla Guardia di Finanza. Nelle carte processuali di Mafia Bianca, le contraddizioni (e i pettegolezzi) del teste (S)alfa
È UNA INFORMATIVA d’ufficio interna alla Guardia di Finanza del 28 maggio 2015 a metterne il luce le contraddizioni. La firma l’ufficiale di polizia giudiziaria Enrico Ricci che “nell’ambito del procedimento penale in oggetto” (dei tanti in corso in quel momento) la definisce “persona utile al servizio”. Il maresciallo capo delegato alle indagini, in forza presso il primo gruppo delle Fiamme Gialle della Capitale, scrive così nel suo rapporto: “Il 27 corrente mese, venivo contattato dal soggetto in questione il quale, mi notiziava telefonicamente di un pranzo che stava consumando con impiegati del comune (di cui non forniva i nomi) presso il ristorante Satanka, in via delle Petunie, 5. In Guidonia Montecelio”. La persona “utile al servizio”, l’informatore usuale di cui Ricci parla con una certa confidenza nel rapporto (trasmesso il giorno dopo al suo superiore e alla Procura della Repubblica di Tivoli, titolare dell’inchiesta sulla Mafia Bianca) è Patrizia Salfa. Il teste Alfa nel processo Ragnatela. Sentita lo scorso 25 gennaio 2018 nel processo che vede imputati una decina tra dirigenti comunali, imprenditori, ex amministratori con le accuse, a vario titolo, di corruzione, concussione, associazione per delinquere. Salfa è la grande accusatrice (della Procura) del Sistema Guidonia. Per due anni, stando al ricco fascicolo processuale, ha osservato, fatto transitare informazioni (e pettegolezzi) all’indirizzo degli investigatori, ripreso con la telecamera del telefonino persone e circostanze, operato una intensa attività di dossieraggio, assemblando materiale confluito in più di qualche verbale oltre che nell’esposto denuncia del febbraio del 2015.
Dalla documentazione processuale si evince quanto Salfa fosse di casa dalle parti delle Fiamme Gialle, e fino a che punto svolgesse lavoro di intelligence per contro della Procura. Nomi e cognomi, circostanze. E poi gli incontri tra coloro che Salfa riteneva essere “sospetti” e che finivano sui telefonini degli inquirenti. Molto di quel materiale presente negli atti del processo riguarda persone ad oggi non coinvolte dall’inchiesta. Accadde così quel 27 maggio del 2015. Quando l’agente Salfa che sta mangiando al Satanka riferisce al maresciallo Ricci che a un certo punto nel ristorante entrano tre soggetti. Si tratta del “marito della consigliera Marianna De Maio (Forza Italia ndr), di tale Bianco, (fratello dell’ex consigliere di Fi Michele ndr) già appartenente al Corpo (Guardia di Finanza ndr). I due sono accompagnati da un uomo “più anziano di cui non sa fornire dettagli” e da un “soggetto robusto, calvo, di cui ha fornito, inviandolo alla utenza mobile privata dello scrivente, un video ripreso della circostanza”. Materiale documentato dallo scambio di telefonate e messaggi WhatsApp, confluito nella informativa.
Salfa è un ex assessore le cui dimissioni risalgono all’ottobre del 2013. Ha fatto parte della maggioranza di governo che fino a quel momento ha sostenuto Eligio Rubeis (Forza italia), ma poi, in rotta con il sindaco, ha sbattuto la porta. Quel giorno non lo dice a Ricci ma desina al Satanka con il solito gruppo di amici. Roberto Papes, dipendente comunale, sindacalista di base in quota Cgil; Raffaella Ghidoni, anch’essa in pianta organica nell’Ente; Antonella Auciello, funzionario comunale, designata nel 2001 per volontà politica (con una delibera di giunta) alla direzione dell’avvocatura comunale. Sono i suoi riferimenti nell’amministrazione. Papes e Ghidoni vincitori di concorso nel 2009 quando Salfa è assessore al Personale. Auciello, assunta nel ’99 del secolo scorso. A governare è la sinistra, ma sono i tempi in cui la futura avvocata dell’Ente presta collaborazione legale presso l’Agenzia dei segretari diretta dal marito di Salfa, l’avvocato Moreno Morando.
Le identità dei commensali, in quel 27 maggio 2015 al ristorante Santanka, è la stessa Salfa a svelarle in un verbale reso alla Procura il 26 ottobre 2015, cinque mesi dopo i fatti. Davanti al Pubblico ministero Andrea Calice che la sente come persona informata dei fatti, l’ex assessore racconta la circostanza dell’incontro con il consorte di De Maio, i fratelli Bianco, l’uomo anziano e quello calvo. Precisa dettagli, particolari. A domanda, risponde: “Il filmato l’ho fatto io, credo prima dell’estate del 2015. Per il compleanno dell’avvocato Auciello, c’erano Roberto e Raffaella. Feci il filmato perché a un certo punto entra Martinelli Gianfranco, il marito della De Maio […] Insieme a lui c’erano l’ex consigliere Michele Bianco. E suo Fratello […] Si sono appartati e ho visto che si sono trovati palesemente in difficolta quando mi hanno vista e io, per farli sentire ancora più in difficoltà, li ho ripresi”. Solo che nel verbale, quel 26 ottobre, Salfa nega di conoscere o di essere mai stata al Satanka “no, non lo conosco”. Poi si confonde e colloca la circostanza altrove: “Questa cena è stata fatta al ristorante Pomodori verdi fritti di Casalpalocco”. Parla di un pasto serale consumato a Roma, “nel maggio scorso”. Dice che i commensali erano l’ex cagruppo del Pd Emanuele Di Silvio, il consigliere Pd Domenico De Vincenzi, Roberto e Raffaella (Pepes e Ghidoni in trasferta). A smentirla però c’è l’informativa del maresciallo Ricci di cui lei (evidentemente) ignora l’esistenza. La cena con Di Silvio e De Vincenzi è però un’altra storia. Che continua. Domani su questo Blog.