QUALCUNO avrà letto, da un paio di giorni accanto ai «protestanti luterani» ci sono i «protestanti luterini». La notizia arriva da Internet. Dove il gioco di parole («i protestanti luterini e/o d’altro apostrofo») è stato inventato da un sedicente giornalista. Ovviamente «luterini» è termine privo di significato. Ma con l’apostrofo si arriva alla soluzione: i protestanti diventano (l’)uterini. Eccola la parola, a marcare una categoria che l’autore (il sedicente) schiera a fianco «di partiti e liste civiche». Materia da campagna elettorale, direte voi. Invece solo in parte. Nonostante la (voluta) declinazione al maschile, l’invenzione linguistica è per le donne «protestanti», che protestano con l’utero, che sono uterine, isteriche: il repertorio potrebbe continuare.

È lo stereotipo dell’isteria, per secoli usato per fondare l’idea di un’inferiorità intellettuale, fisica e morale della donna. Il Nostro sedicente non è nemmeno nuovo a linguaggi che connaturano una tendenza sessista. In altra circostanza, declinando al femminile, definiva il soggetto raccontato «una zitella attempata». Locuzione chiaramente dispregiativa, non a caso ricompresa nella casistica dei manuali sul sessismo, quelli che invitano le donne a «riconoscerlo, indicarlo e fermarlo».

Arriviamo a questo punto alla forma del problema. Che è innanzitutto un uomo: l’autore di tali contenuti. Un nonno (nemmeno troppo arzillo) di cui tralascerò il nome perché inutile, che di solito fa e scrive sermoni, e che di tanto in tanto si candida al consiglio comunale con risultati indegni di nota. Ora fa la coda all’aspirante sindaco progressista Alberto Cuccuru (portando il valore aggiunto dei retaggi patriarcali sull’isteria). È personaggio pubblico, divulgatore di pregiudizi, odio, disprezzo spacciati per informazione e libertà d’espressione. Ho lungamente riflettuto se scrivere di questi episodi, molti lo hanno sconsigliato «così gli dai importanza, è quello che si aspetta», poi ho deciso che meritassero la giusta rilevanza. Perché il sessismo, come il machismo e la misoginia, ancor peggio se nascosti furbescamente dietro vigliacchi giochi di parole per sfuggire le conseguenze pubbliche, vanno denunciati se possibile con ancora maggiore forza.

Chiudo ponendomi e ponendo una domanda: possibile che nel 2022 esistano uomini così portati a pensare male e a scrivere ancor peggio?. Certo, sarebbero gradite pubbliche condanne. Che però, sono certa, non arriveranno. Io però non mi arrendo. Soprattutto, non ho paura.

AUTORE: Elisabetta Aniballi

Blogger e Giornalista professionista. Nella sua trentennale carriera ha maturato esperienze prevalentemente nella carta stampata senza mai nascondere l'amore per la radio, si occupa inoltre di comunicazione politica e istituzionale.

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