ADRIANA Cali, laureata in scienze naturali, un master in progettazione e sviluppo database presso la Scuola di amministrazione pubblica ed Enti locali con specializzazione in fondi e progettazione europea è stata assessore al Personale del Comune di Guidonia Montecelio nel breve periodo (cinque mesi) tra il giugno e il novembre del 2019, poi accompagnata alla porta in circostanze mai del tutto chiarite dal sindaco grillino Michel Barbet, che nelle dichiarazioni aveva sempre detto di averla fortemente voluta nel ruolo per le capacità dimostrate e l’esperienza maturata nel campo delle gestione delle riscorse umane. Una donna dalla forte personalità, con un approccio pragmatico all’organizzazione del lavoro, Calì si era trovata catapultata all’interno di un microcosmo autoreferenziale nel quale una inversione di tendenza non era solo utile ma necessaria in un processo di modernizzazione della macchina amministrativa. Si era messa al lavoro, con determinazione e pazienza ma lo sforzo non è bastato a salvarle il posto. Nonostante i risultati: in cinque mesi di attività ha fatto recuperare all’amministrazione i costi del personale comandato presso la Procura di Tivoli: un milione di euro dal 2007 al 2019.  Somme che l’Ente continuava a pagare (cose incredibili).  A distanza di quasi un anno dalla sua defenestrazione l’abbiamo raggiunta al telefono per farle qualche domanda. Per chiederle una opinione sulle 64 imminenti assunzioni senza concorso decise dalla giunta. L’organo collegiale di governo della città, dove oggi a occupare il posto di assessore al Personale c’è Andrea Saladino. Un passato da consigliere 5Stelle nel Comune di Palestrina e poco altro. «Sicuramente più malleabile di me», dice Calì. Più accondiscendente nel trattare la materia, il Personale: praticamente un campo minato.

Partiamo dalla fine, come è successo che il sindaco l’ha dimissinonata?

«Gli avevo anche scritto una seconda lettera, che chiariva la prima in cui gli preannunciavo la mia intenzione di dimettermi se non ci fossero stati dei correttivi nella gestione del Personale, rendendomi disponibile comunque a un confronto, invece niente. Il sindaco ha deciso lo stesso di protocollare la lettera di un paio di giorni prima».

Perché è stata allontanata, una idea se la sarà fatta?

«L’assessore al Personale deve potersi occupare di Personale a tempo pieno, essere al corrente di ogni atto, iniziativa si intenda adottare per l’ottimizzazione del lavoro negli uffici, ecco questo mi era impedito. Mi sono accorta che venivo tenuta all’oscuro e che l’indirizzo politico, nei ruoli del sindaco e degli assessori, non avevano alcuna voce in capitolo. Sarà così anche adesso. Al Comune di Guidonia Montecelio il Settore è interamente governato dal dirigente di vertice, dal segretario generale (Livia Lardo ndg) è lei che decise e programma, il sindaco ne segue pedissequamente le scelte senza mettere parola. La politica non decide niente».

Come pensava di riorganizzare una struttura carente sotto il profilo della quantità e della qualità delle risorse umane?

«Da subito ho messo in campo le mie conoscenze individuando due percorsi, uno sulla strada della qualità della formazione l’altra di una selezione per alzare il livello dei profili da assorbire in pianta organica. Quando ho iniziato a lavorare al fabbisogno triennale del personale, ho pensato di partire dalle alte specializzazioni, figure apicali che a loro volta avrebbero dovuto organizzare e coordinare il lavoro nei singoli uffici e deciderne la composizione secondo i profili professionali disponibili o da reperire attraverso una programmazione organica delle assunzioni. Questo al Comune di Guidonia Montecelio non è mai stato fatto. Nell’organizzazione degli uffici si è sempre partiti dal basso, prediligendo i profili meno specializzati, tralasciando le categorie con una formazione più alta».

Un approccio che non è riuscita a cambiare?

«Non sono riuscita perché non ne ho avuto il tempo. Nel piano del fabbisogno del personale del 2019 avevo ricercato le soluzioni per il reclutamento di nuove unità lavorative, arrivando a ipotizzate tre distinti concorsi da bandire per la selezione di profili apicali non dirigenziali e di personale specializzato perché negli uffici non puoi avere solo gli operai della manutenzione, devi avere qualcuno capace di organizzare, programmare e svolgere bene il lavoro. Oggi questi profili mancano».

Non glieli hanno fatti fare questi concorsi?

«Il motivo era legato sempre alla condizione finanziaria dell’Ente. Però avevo fatto un prospetto sui costi di organizzazione e gestione di tre prove selettive, considerando una spesa tra i 10 e i 15mila euro a prova per sostenere i compensi dei componenti della commissione giudicatrice, i locali dove far svolgere gli esami. Un lavoro di programmazione costruito nel tempo, sulla base anche dei pensionamenti previsti, consegnato nelle mani del sindaco. Mi dicevano che non c’erano i soldi. Continuo a pensare che i concorsi pubblici restino la formula più trasparente per assumere personale di qualità».

Non c’erano i soldi o non c’era la volontà?

«Il potere decisionale risiedeva nella stanza del segretario generale. L’idea che mi sono fatta è che al Comune di Guidonia Montecelio non si vuole cambiare, e che in particolare questa amministrazione non abbia voluto cambiare, cercando di limitare il raggio d’azione di chi portava, come me, idee e soluzioni migliorative. Si comportano così perché non vogliono fare emergere le gravi carenze della macchina amministrativa e lasciare tutto com’è ed è sempre è stato».

Carenze abbastanza riscontrabili in tutti gli enti locali non solo a Guidonia immagino…

«Non è mica vero, a Guidonia le carenze sono più gravi, se la domanda è: l’organizzazione del lavoro e quel tipo di gestione e di approccio sono da Medioevo? La risposta è sì. Guidonia è al di sotto dagli standard medi presenti in altre amministrazioni con cui mi sono raffrontata».

Ha qualche aneddoto da raccontare sulle anomalie più evidenti che ha riscontrato?

«Mi viene in mente qualcosa sul sistema che connatura il Personale, utile a far comprendere come funzionano le cose e come non dovrebbero funzionare mai. Se un dipendente è bravo e vuole progredire nella funzione raggiungendo livelli e mansioni superiori, non si rivolge mai direttamente al capo o al vice capo del personale come sarebbe normale. In particolare mi sono trovata a gestire situazioni in cui consiglieri comunali venivano da me a caldeggiare promozioni, le lascio immaginare come sono stati trattati, ho dovuto metterli alla porta a brutto muso. Ma funziona così, non c’è meritocrazia nelle amministrazioni pubbliche, dove si accede e si progredisce nelle posizioni grazie a una nota pratica da definire con una parola che non posso pronunciare (raccomandazione ndg)».

AUTORE: Elisabetta Aniballi

Blogger e Giornalista professionista. Nella sua trentennale carriera ha maturato esperienze prevalentemente nella carta stampata senza mai nascondere l'amore per la radio, si occupa inoltre di comunicazione politica e istituzionale.

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