Alcune sentenze si rispettano più di altre, così Strani «sfratta» il Guidonia calcio ma non firma il contratto con le associazioni di La Botte
GUIDONIA – Il mantra pentastellato a livello locale non si discosta dagli indirizzi generali del M5Stelle: le sentenze della magistratura, di qualunque giurisdizione, si rispettano. A Guidonia Montecelio però con una eccezione: se sono a favore dell’amministrazione è giusto avere più riguardo e fare in fretta. È così nella controversa vicenda dell’associazione sportiva del Guidonia Calcio «condannata» per morosità dal Tar del Lazio. La società sportiva, inadempiente rispetto agli accordi con l’Ente dovrà, con ogni probabilità, lasciare prima del tempo l’impianto di via Po e con essa, a farlo, saranno anche i 300 ragazzini iscritti alla scuola calcio. Un epilogo scritto ieri dalla dirigente comunale Carola Pasquali nella manifestazione d’interesse pubblicata sull’albo pretorio online. Un atto che «invita» altri soggetti interessati a presentare una propria richiesta di utilizzo del campo sportivo di Guidonia centro, che verrà «affittato» con la formula del multiutilizzo per fasce orarie fino a giugno del 2019; in attesa, per quella data, di una nuova procedura di gara per l’affidamento quinquennale.
Tanto zelo è condiviso dall’assessore allo Sport Elisa Strani, che anche nel corso dell’ultima commissione consiliare, dove la vicenda è stata a lungo dibattuta, ha ribadito la necessità di dare corso alle sentenze. A dire il vero ci sono stati altri pronunciamenti della giustizia amministrativa che però non sono andati nell’indirizzo del Comune e che fanno invece fatica a trovare applicazione. È il caso della sentenza emessa sempre dal Tar del Lazio ormai un paio d’anni fa, con la quale a seguito dell’aggiudicazione di un bando pubblico intimava all’Ente di darne seguito con stipula di un contratto con la associazione sportiva dilettantistica La Botte e l’associazione Pro La Botte. I magistrati avevano previsto, in caso di inottemperanza, che fosse addirittura un commissario ad acta a sostituirsi al dirigente; i presidenti delle due associazioni tuttavia, dietro le continue rassicurazioni del palazzo, non ne richiedevano nei tempi previsti l’intervento. Era il 2017 e ancora aspettano di vergare il patto che li legherà alla gestione dell’impianto polisportivo di La Botte per i prossimi 5anni. Anche la scorsa settimana avevano avuto le garanzie del caso dal segretario generale Livia Lardo. Pronti, penna in mano hanno atteso invano la telefonata del dirigente per la stipula. Ora sono davvero arrabbiati e le notizie che giungono sul Comunale contribuiscono ad accrescere la rabbia. Perché in quel caso, la solerzia negli uffici non si è fatta attendere.
Lo «sfratto» per il Guidonia calcio e i suoi 300 iscritti, che nell’impianto di via Po si allenano quotidianamente, sarebbe quindi imminente. Anche se l’associazione da cui dipende la società calcistica dell’imprenditore Bernardini ha il pieno utilizzo del campo, spogliatoi e quant’altro fosse previsto dal bando di aggiudicazione del 2015. Al quale però non ha mai fatto seguito la stipula di una convenzione cui gli uffici comunali avrebbero dovuto provvedere, nonostante l’insorgenza di una controversia legata alla mancata omologazione del campo – già nel 2015 richiesta al Comune di Guidonia Montecelio dalla Federazione nazionale gioco calcio, Lega dilettanti –, necessaria alla prima squadra per disputare le partite casalinghe (leggi qui). Una vicenda che dal quel momento prendeva la china della disobbedienza da parte dei vertici della associazione, che smettevano di corrispondere all’Ente le rate mensili della concessione. Un comportamento censurato dal Tar che ha originato le decisioni di questi giorni. C’è chi, come i consiglieri comunali d’opposizione Giovanna Ammaturo e Simone Guglielmo, che della commissione Sport e Cultura sono membri, non crede che la faccenda sia di facile soluzione. E che l’indirizzo dell’assessore agli uffici sulla manifestazione d’interesse sia destinato a complicarne di più i contorni. L’associazione di Bernardini ha in uso l’impianto fino a giugno e, da quel che risulta, il Comune non è nemmeno tornato in possesso delle chiavi. Così, lo «sfratto» anzitempo a beneficio di altri soggetti potrebbe rivelarsi un buco nell’acqua e un’altra brutta figura per Elisa Strani.