GUIDONIA –  La linea dura dei difensori dell’ambiente contro il Tmb dell’Inviolata si giocherà in Regione nella conferenza dei servizi di chiusura del procedimento autorizzatorio. In quella sede, sono convinti di poter dimostrare che anche la Cassazione potrebbe aver indotto in errore il Consiglio dei ministri (chiamato lo scorso 22 dicembre a superare lo stallo relativo al procedimento amministrativo), trasmettendo con 14 mesi di ritardo, e solo nel maggio del 2016,  la ordinanza (del marzo del 2015) agli organismi interessati a recepirne gli effetti, principalmente a Regione e Consiglio dei ministri. A dire dei legal-ambientalisti un passaggio formale di rilevante importanza che stabiliva definitivamente che chi costruì quel manufatto commise un abuso edilizio. Ritardo che, nelle tesi, renderebbe plausibile che né la Regione né il Consiglio dei ministri abbiano preso visione del dispositivo della Cassazione in tempo utile (mancandone  traccia nei verbali delle passate sedute della conferenza dei servizi), inducendo così lo stesso Governo nell’errore di valutazione per carenza di documentazione.

Contro l’apertura del Tmb senza se né ma. Ad anticipare le strategie degli ambientalisti nostrani (con una nota su Facebook) è stata ieri Donatella Ibba, espressione dell’associazione Cittadini di Fonte Nuova è nostra, già assessore all’ambiente nella amministrazione di centrosinistra a guida Fabio Cannella, sciolta anzitempo per intervenuti dissapori e scandali. La strategia di Ibba (in linea con la rete associativa che fa capo al Comitato per il risanamento ambientale) è chiara e pedissequamente riproposta: l’intero procedimento autorizzatorio è illegittimo perché privo di parere vincolante; di conseguenza l’impianto è abusivo anche perché l’ha detto in via definitiva la Cassazione. Con queste ragioni, i difensori dell’ambiente (e non solo di Fonte Nuova) si presenteranno in Regione, alla prossima data utile, per partecipare alla definitiva conferenza dei servizi che chiude l’iter amministrativo dell’impianto. Ci saremo – fa sapere l’ex assessore – “in veste di auditori senza facoltà di voto, ma con facoltà di trasmettere atti da poter far recepire quali parte integrante e sostanziale degli atti di conferenza”.

Nella istanza inviata alla Pisana, Ibba ha quindi messo nero su bianco “di non aver trovato nei verbali di conferenza dei servizi alcun cenno di riferimento o menzione dell’ordinanza della Corte di Cassazione, a seguito del ricorso proposto dal procuratore della repubblica presso il tribunale di Roma per cui l’Aia di detto Tmb veniva definitivamente giudicata illegittima”. La ordinanza, sempre a detta di Ibba, sarebbe stata trasmessa dalla Cassazione “solo ben 14 mesi dopo”, rendendo plausibile che i destinatari,  principalmente Procura di Roma e Consiglio dei ministri, “non ne abbiano avuto alcuna informazione” ; in tempo utile, aggiunge chi scrive, per darne la corretta valutazione ai fini delle decisioni che si stavano per deliberare. Comunque noi l’alleghiamo, aggiungono i difensori nella istanza, qualora ne voleste valutare gli effetti negli ambiti del procedimento amministrativo che vi apprestate a licenziare. Convinti che “l’atto della Cassazione abbia, oltre che in ambito penale”, una ragion d’essere “anche in ambito giuridico”, tradotto: ripercussioni, a nostro favore, nell’ambito del procedimento amministrativo.

Ad onor di verità, il Tar del Lazio, già con sentenza del 5 maggio del 2017, spiegava nelle motivazioni di rigetto del ricorso presentato sempre dai legal-ambientalisti contro la legittimità dell’aia del 2010 e del suo rinnovo del 2015, come “la qualifica di illegittimità data dalla Corte di Cassazione in sede penale nel 2015″ era accertamento  “svolto solo in via incidentale nell’ambito di un procedimento per sequestro preventivo ai sensi dell’art. 321 c.p.p., senza che possa determinarsi alcuna pregiudizialità del giudizio penale rispetto ai giudizi amministrativi concernenti il suddetto atto, peraltro già conclusi”. La giustizia amministrativa sanava quindi i vizi originari dell’iter burocratico di rilascio delle autorizzazioni e rinviava al Consiglio dei ministri il parere sulla legittimità dell’intero procedimento. Ora si attende il licenziamento dell’atto amministrativo da parte della Regione, come di competenenza. Anche se i legal-ambientalisti e l’amministrazione comunale di Guidonia Montecelio targata 5stelle hanno annunciato di voler ricorrere al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar e il deliberato del Consiglio dei ministri. Un guazzabuglio di interpretazioni normative, un ginepraio di posizioni senza soluzione di continuità destinato a non produrre effetti se non quello dell’entrata in funzione dell’impianto. (La immagine di copertina è stata reperita in Rete ed è di proprietà del Il Tiburno che si ringrazia)

AUTORE: Elisabetta Aniballi

Blogger e Giornalista professionista. Nella sua trentennale carriera ha maturato esperienze prevalentemente nella carta stampata senza mai nascondere l'amore per la radio, si occupa inoltre di comunicazione politica e istituzionale.

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