Guidonia – Imprenditori «tirati per la giacchetta in un sistema perverso» da Pd e M5S: il biodigestore è un caso
GUIDONIA – «Tirare per la giacchetta». Esercitare una qualche forma di condizionamento, subordinando al proprio ruolo pubblico le sorti di un progetto industriale, di una concessione edilizia, del rilascio di un contributo. Diversamente detto: «Fare in modo che l’intervento politico (di maggioranza) favorisca o penalizzi l’iniziativa privata a secondo di chi (o con chi) parlano i proponenti (cit)». La frase «tirare per la giacchetta» è riecheggiata forte dentro e fuori l’aula consiliare di Guidonia Montecelio nel corso dell’ultima seduta (di giovedì 16 dicembre). Quando un imprenditore, ideatore del progetto di un biodigestore destinato al trattamento dei rifiuti nel Comune di Tivoli, (NE ABBIAMO SCRITTO QUI: Il Pd retrogrado di Guidonia boccia il biodigestore di rifiuti «moderno e ecologico» che a Roma Gualtieri promuove) si era sentito rispondere: «Prima di partire potevi venire da me per parlarne». Come se rientrasse nelle prerogative di un consigliere comunale di maggioranza dover conoscere in anticipo, dalla voce degli imprenditori, i dettagli di un progetto industriale affidato dalle norme agli iter e alla gestione amministrativa.
Per ricapitolare (repetita iuvant): «Tirare per la giacchetta». Svolgere il ruolo di consigliere comunale (di maggioranza) fuori dai limiti di legge, abusando dei propri poteri, connaturando un «metodo perverso di gestione dei rapporti con le imprese». Per Arianna Cacioni e Giovanna Ammaturo, consiglieri comunali d’opposizione, rispettivamente di Forza Italia e di Fratelli d’Italia, questo era lo scopo della mozione (contro l’impianto) arrivata in aula su proposta di tre esponenti della maggioranza: Mario Lomuscio (Pd), Alessandro Cocchiarella e Matteo Castorino (M5S). Scritta, depositata e discussa in un batter di ciglia. Assunta al protocollo della Presidenza del consiglio comunale il 14 dicembre ECCOLA, sbarcata in aula il 16. Ma c’è di più a fare dei fatti accaduti ieri l’altro in consiglio consiglio un unicum dai contorni controversi. La sede interessata al biodigestore non è Guidonia ma il Comune di Tivoli. Ente che sarà chiamato ad esprimersi, limitatamente alla compatibilità urbanistica del progetto, nella conferenza dei servizi autorizzatoria in programma il prossimo 20 dicembre alla Regione Lazio. Dove né il sindaco né la giunta di Guidonia avranno voce in capitolo o sede per rappresentare le contrarietà votate (con la mozione) dalla maggioranza Pd-M5S (nemmeno all’unanimità).
Qual è stato allora il motivo di tale, ingiustificata ingerenza di Pd e M5S nelle questioni altrui? Il privato che intende realizzare il biodigestore potrebbe esserne l’origine. Precisamente La Fratelli Pacifici Spa, una società estrattiva che fa parte di un comparto industriale già vessato dalle politiche del M5S in questi anni: i cavatori. La tesi che il bersaglio da colpire fosse proprio il mondo del Travertino Romano, indipendentemente dal progetto, è corroborata dal voto d’astensione (e quindi contrario) di Alessandro Toro. Il 5Stelle consigliere vicino a Elisa Strani. La quale, da assessore delegato alle cave, è stata a sua volta ripetutamente «tirata per la giacchetta». Dagli stessi canali trascinata nel tritacarne delle illazioni e dei sospetti per i suoi tentativi – legittimi se in capo a un membro del governo cittadino, deputato ai rapporti con la gestione – di fare fronte alle criticità che hanno interessato il distretto industriale: ancora «il metodo perverso» di cui hanno parlato Cacioni e Ammaturo nei loro interventi. Quello della macchina del fango e dei tentativi di condizionamento interni e esterni all’amministrazione.
La discussione in aula e gli interventi di Cacioni e Ammaturo
«Quando l’impegno ambientalista del Partito democratico si manifesta a senso unico alternato ed è solo contro alcuni impianti il dubbio ci viene – ha tuonato Cacioni contro il sindaco Michel Barbet e il capogruppo del Pd Mario Lomuscio -. Per quanto riguarda la vostra avversità a questo impianto, sento parlare di mancata concertazione con i cittadini, le associazioni, i comitati. Mi chiedo con quali cittadini avete parlato voi, chi vi ha dato mandato di programmare un impianto per il trattamento dell’umido al Car (Centro agroalimentare di Roma ndg). La verità è che in questa città si programma solo se sta bene al Partito democratico, in un meccanismo perverso di pianificazione territoriale e di rapporti con il mondo delle imprese che condannano Guidonia all’oscurantismo e al medioevo». Ancora Cacioni incalzando Lomuscio: «Quello che io vorrei capire è perché voi portate una mozione in questo consiglio comunale per dire che questo impianto non va bene, che lo volete bocciare, dopodiché nella stessa seduta, ai proponenti, dite: “Siamo contenti che siete venuti a parlare con noi” […] Perché, che differenza fa Lomuscio? Se parlano con te va bene? Se parlano con te il progetto va bene? […] Vorrei capire se questa mozione serve per tirare per la giacchetta qualcuno o serve per discutere seriamente dei problemi ambientali».
Dello stesso tenore l’intervento di Giovanna Ammaturo: «Vorrei sapere – ha detto rivolgendosi al sindaco il consigliere di Fratelli d’Italia – qual è il “professore” di questa maggioranza che ha stabilito che il compostaggio aerobico del Car è meglio e meno puzzolente di quello anaerobico che l’impresa privata vuole realizzare a Tivoli. L’impianto del Car va bene perché ve lo siete giocato nelle stanze segrete con il Pd?. È chiaro che volete tirare per la giacchetta questi imprenditori». Ma ancora più sospetto negli atteggiamenti ostili di Pd e M5S è il fatto che per Legambiente nazionale l’impianto del privato è non solo auspicabile ma necessario. In un documento depositato agli atti della Presidenza del consiglio comunale (di cui la maggioranza non ha tenuto conto) l’associazione sostiene che questi biodigestori e «lo sviluppo del biometano sono a vantaggio dell’economia circolare e della lotta alla crisi climatica in Italia». Come è finita la votazione tra pro e contro?. La maggioranza Pd e M5S si è spaccata con l’astensione di Toro e l’assenza del Pd. Ad esclusione del proponente Lomuscio, nel corso dell’intera discussione hanno spiccato i microfoni muti di Emanuele Di Silvio e Simone Guglielmo. I due consiglieri dem sono apparsi solo qualche secondo nell’aula virtuale, esprimendo obtorto collo il voto farevole su una mozione che non avevano firmato. Le opposizioni non hanno espresso alcun voto, preferendo sfilarsi da fattispecie ambigue e poco lineari: chi partecipa, infatti, è complice.