GUIDONIA – Una relazione di svariate pagine (una decina), a cui ha lavorato l’assessore al Bilancio Alberto Cuccuru (suo il settore di competenza), proverebbe il mancato rispetto del contratto. Negli ultimi cinque, sei anni il consorzio So.C.i.M Srl, che dal 2014 ha in concessione i servizi cimiteriali dopo essersi aggiudicato una gara del Comune di Guidonia Montecelio, avrebbe mancato il versamento del canone annuale di concessione (di oltre 200mila euro annui), motivo per cui, l’amministrazione civica del sindaco Mauro Lombardo, a dicembre 2022, ha avviato il procedimento di risoluzione del contatto per inadempimento, contestando al concessionario le morosità pregresse. Ma questo è solo l’ultimo atto della tragicommedia che da un decennio ha per protagonista il camposanto di via Romana. La trama, cominciata nel 2014 con l’affidamento della concessione, è proseguita con gli scandali del 2017, quando le indagini della Procura di Tivoli associarono agguati e aggressioni fisiche all’affaire cimitero. Seguì il capitolo delle ordinanze di demolizione: più di 2000 loculi nuovi e praticamente ultimati  da buttare giù in quanto abusivi. Il provvedimento venne disposto nel 2017 dal dirigente all’urbanistica. Una vicenda che fece scalpore, ravvivando le cronache nazionali dei principali quotidiani, e che finì, come era inevitabile, nelle aule della giustizia civile e amministrativa. Nel biennio 2020 e 2021 si ricorda invece lo scaldalo delle 195 mummie abbandonate in condizioni igieniche censurate dalla Asl, nel deposito del camposanto, con le casse soggette ad usura ammucchiate l’una sull’altra. 

 La cronaca giudiziaria 

Il cimitero divenne una costola della inchiesta Ragnatela sulla cosiddetta Mafia Bianca, esplosa il 20 aprile del 2017 con l’arresto di 15 persone. Lo scenario ipotizzato dalla Procura dei Tivoli finì in due filoni d’indagine che interessarono il camposanto, affidato, come detto, in concessione per una durata 25ennale al consorzio Comor e alla So.Ci.M Srl. Lo scenario descritto è una «guerra tra bande» nel quale, secondo Tivoli, maturarono episodi di violenza come gli agguati, le botte, le minacce, gli atti amministrativi manipolati e quindi fasulli: fatti accaduti a Guidonia Montecelio tra il 2016 e il 2017. I magistrati indagarono su una lista di persone tra imprenditori, dirigenti e funzionari comunali, poi l’inchiesta è finita, al momento, senza clamori né processi.   

Duemila loculi da buttare giù

I loculi che si volevano demolire

La «famigerata ordinanza», poi annullata dai giudici amministrativi in ogni grado di giudizio, portava la firma del dirigente all’urbanistica (poi trasferito ad altro incarico), Paola Piseddu. Correva l’anno 2017. L’allora consigliere comunale Giovanna Ammaturo bollò l’episodio come «il paradosso del Comune che demolisce se stesso». Impossibile da credere eppure è ciò che accadde. Il motivo alla base dal provvedimento, una presunta difformità tra il progetto esecutivo dell’opera, che prevedeva la costruzione di cappelle funerarie, e la variante in corso d’opera che aveva invece deciso la realizzazione di loculi e ossari. Ormai ultimata, la costruzione che si voleva demolire era mastodontica, 2030 locoli, 60 metri di lunghezza, di colore arancio, alta 20 e larga 15, elevata su tre piani, eppure si voleva raderla al suolo per il ripristino dei luoghi ex ante, con costi di demolizione alle stelle, più spese di trasporto e smaltimento delle macerie e spese per la ricostruzione, insomma un danno economico considerevole per il Comune, fortunatamente scongiurato dall’intervento della magistratura amministrativa e dal cambio di rotta del Comune che, alla fine, ha revocato l’ordinanza Piseddu dopo aver spostato il dirigente ad altro incarico.

Così, negli anni più recenti, si arriva allo scandalo delle mummie abbandonate nel deposito cimiteriale. Il 6 febbraio del 2020, i tecnici della Asl Rm5, durante un sopralluogo disposto dall’azienda sanitaria al cimitero comunale a seguito di vari esporti presentati all’autorità giudiziaria, trovano uno scenario da film dell’orrore. Direttamente dal verbale: «All’interno del locale interrato, di circa 100 metri quadri, provvisto di un impianto forzato dell’aria, non funzionante durante il sopralluogo, è stata constatata la presenza di numerose casse in zinco, 195 come riportate nell’esposto, contenenti resti mortali provenienti da operazioni di estumulazione, una parte della quali risultavano danneggiate. Sono risultate presenti anche alcune casse in legno lasciate in deposito in attesa di cremazione. Le casse sono risultate disposte in parte su strutture metalliche e in parte a terra, accatastate una sull’altra». C’erano stati altri sopralluoghi dell’azienda sanitaria al cimitero. Una situazione di pericolo per la salute pubblica passata anche da una autosegnalazione del febbraio 2018 dell’allora dirigente all’Ambiente Paola Piseddu: Da 3 anni 195 salme nel deposito cimiteriale sono una emergenza sanitaria, intanto il Comune si «autodenuncia» alla Asl. 

La partita del cimitero, negli anni scorsi, è passata da ogni grado della giustizia amministrativa e civile per via del contenzioso in essere tra Comune e concessionario. Iniziata il 9 ottobre 2014, quando il consorzio vinse della gara d’appalto per l’ampliamento e completamento del camposanto comunale, sottoscrivendo l’atto di concessione per 25 anni e oltre a 200mila euro di canone annuale, non è ancora finita.

 

 

 

AUTORE: Elisabetta Aniballi

Blogger e Giornalista professionista. Nella sua trentennale carriera ha maturato esperienze prevalentemente nella carta stampata senza mai nascondere l'amore per la radio, si occupa inoltre di comunicazione politica e istituzionale.

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