Guidonia – Le grane di Lombardo: il pasticciaccio del macrolotto (s)venduto dai 5Stelle costa 6 milioni di euro
GUIDONIA – Il dossier caldo (se non bollente) del macrolotto di proprietà comunale, un anno fa (s)venduto dai 5Stelle con procedura anomala a un misterioso fondo speculativo (la Kryalos Sgr Spa), tiene da settimane in ostaggio la maggioranza allargata del sindaco civico-politico Mauro Lombardo.
La procedura di cessione delle aree è ferma al contratto preliminare di compravendita risalente al 2021. Mai conclusa davanti a un notaio. Nel frattempo, però, gli intoppi si sono moltiplicati, come le riunioni di palazzo. Ma tra i civici consiglieri comunali le posizioni su come e se perfezionare la procedura di dismissione divergono. Anche perché, la vicenda originaria di per sé già poco trasparente e alquanto controversa, nei mesi scorsi si è arricchita di nuovi capitoli. Come un atto di citazione in giudizio fatto pervenire al Comune di Guidonia Montecelio con accuse di multiple violazioni di legge e una richiesta di risarcimento record: oltre 6 milioni di euro, di cui 1.130.262,56 imputabile interamente alla condotta dell’ex giunta stellata, del fu sindaco Michel Barbet, della maggioranza monocolore che approvò in consiglio comunale gli atti propedeutici alla cessione del macrolotto.
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La richiesta di risarcimento record
Da una parte il Comune di Guidonia Montecelio, parte venditrice; dall’altra, parte acquirente, una misteriosa società scudata. Nella storia della cessione del macrolotto, già oggetto di una denuncia alla Procura della Repubblica di Tivoli, a settembre del 2022 si è inserito un terzo attore. Il Consorzio Industriale Tiburtino, infatti, nelle scorse settimane, ha contestato all’ente locale il mancato rispetto di una convenzione a suo tempo sottoscritta (nel 2009), in quanto le aree oggetto di compravendita facevano parte del Piano d’insediamento produttivo Pip/2 Tarvernelle avviato nel lontano 1998. Una convenzione che non sarebbe stata onorata e che, con la vendita decisa nel 2021 per una somma concordata superiore a 3 milioni di euro, avrebbe comportato per il Comune un ingiusto arricchimento ai danni del Consorzio.
È questo il motivo alla base dell’atto di citazione depositato al Tribunale di Tivoli con cui ora i legali del raggruppamento d’imprese avanzano una richiesta di risarcimenti complessivi per euro 6.209.439,17 e chiamano in causa l’attuale sindaco invitandolo a comparite nell’udienza già fissata a gennaio 2023. Una vicenda ultraventennale consumata tra spese mai onorate per opere di urbanizzazione, servitù di passaggio, permute creative, varianti urbanistiche e vendite azzardate che vale la pena, sommariamente, di ripercorrere dal principio.
Il Piano d’insediamento produttivo
Tutto inizia con la delibera (la numero 68) del 2 settembre 1998 con la quale il consiglio comunale adotta il Piano d’insediamento produttivo Pip/2 Tavernelle. Il 10 marzo del 2001 il Pip viene approvato dalla Regione Lazio (delibera della giunta regionale numero 7); con la delibera (ancora) di consiglio comunale (la numero 64) del 4 febbraio 2001 viene adottata la dichiarazione di pubblica utilità propedeutica agli espropri che attua il procedimento ad evidenza pubblica per la vendita dei lotti i quali, però, nonostante ripetuti interpelli e più avvisi di gara, non verranno tutti assegnati. Nel frattempo, la procedura espropriativa si interrompe per riprendere nel 2007. Solo con determina dirigenziale numero 10 del 16 aprile 2007 viene approvato dal Comune il frazionamento dei lotti e, con la determina 257 del 19 giugno 2007, è stabilita l’indennità di esproprio.
Il Comune, quindi, procedeva al decreto di esproprio del 9 novembre 2009 fissandone il prezzo a euro 10.505.007, somme che venivano pagate dal Consorzio. Per gestire l’assegnazione dei lotti, il 9 aprile del 2009, veniva inoltre sottoscritta la convenzione, nella quale il Comune tratteneva per sé la proprietà di 4 lotti al fine di favorire insediamenti di pubblica utilità. Tre di questi, sotto la responsabilità della giunta grillina, nel 2021 venivano però ceduti con una licitazione privata alla società scudata Kryalos, con l’obiettivo di ricavarne profitto anche grazie a un cambio di destinazione d’uso delle aree che ne moltiplicava il valore. Non è finita qui. Perché un’altra vicenda, negli anni, ha incrociato il lungo iter delle procedure legate alla nascita del Pip, in quanto gli espropriati, su tutti gli eredi del Fante, contestavano da subito le incongrue indennità espropriative decise nel 2007 dalla giunta comunale rivolgendosi al giudice.
Alla fine dei lunghi processi civili arrivati in cassazione, il Comune, nel 2013, veniva definitivamente condannato a versare a titolo di risarcimento, compensazioni sul prezzo di esproprio, spese legali e di giudizio, circa 14 milioni di euro. Soldi che l’Ente avrebbe dovuto richiedere al Consorzio proprietario delle aree per non incappare in un procedimento per danno erariale davanti alla Corte dei Conti. Solo che l’amministrazione 5Stelle, uscita di scena a luglio scorso, nell’ultimo quinquennio non ha mai avviato le procedure per il recupero delle somme, né l’attuale civica parrebbe intenzionata a farlo, essendo più propensa – da quanto si apprende – ad avviare con il Consorzio una transazione che preveda lo scomputo, dai 14 milioni vantati, delle richieste risarcitorie avanzate e pari, come detto, a oltre 6 milioni di euro (in pratica, uno sconto del 50%).
Per come si sono messe le cose, la transazione eviterebbe anche di arrivare a revocare in autotutela la procedura di (s)vendita del macrolotto, sollevando il Comune dal pagare le penali alla Kryalos. Sul da farsi, però, la maggioranza civica sarebbe spaccata tra chi vorrebbe mettere ordine tenendo separati i diversi filoni che complicano la vicenda, e chi vorrebbe chiudere la storia salvando capra, cavoli e incassando la vendita del macrolotto.
Le riunioni (troppo) allargate per venirne a capo
Cosa fare? Su questo interrogativo venerdì scorso 15 ottobre è stata organizzata in sala giunta l’ennesima riunione allargata. Oggetto della convocazione: questione Pip/2 Tavernelle. Invitati a partecipare, i rappresentanti legali del Consorzio – anche se attualmente «avversari» dell’Ente vista la controversia giudiziaria aperta – consiglieri comunali di maggioranza, tecnici esterni all’amministrazione, assessore e dirigente all’Urbanistica, nell’ordine Anna Mari e Cristina Zizzari, quest’ultima (per di più) in conflitto d’interesse per via di alcuni incarichi professionali di cui è investito il coniuge nell’ambito di società appartenenti al Consorzio Industriale Tiburtino. Tra i presenti Michele Venturiello, Arianna Cacioni e Andrea Mazza, consiglieri di «Città Nuova»; convocati (inoltre) Mauro De Santis di «Guidonia Montecelio Domani», e l’ingegner Antonio Pasqualucci (papà di Rosaria, consigliere comunale de «Il Biplano»), ovviamente Mauro Lombardo. Lontane le posizioni tra i due gruppi, con i primi più portati a trattare le questioni in modo distinto, iniziando dalla revoca delle procedure di vendita del macrolotto, comunque ritenute viziate da numerose illegittimità procedurali e i secondi, possibilisti sulla transazione con il Consorzio che risolverebbe in automatico il resto dei conflitti.
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Su tutto dovrebbe prevalere la salvaguardia degli interessi economici dell’Ente e dei cittadini. Le parti si sono prese un mese di tempo per decidere. Intanto, la maggioranza è già spaccata.