Guidonia – Messa: «Contro la gang elettorale di Pd e M5S» il Cdx unito c’è. Il candidato sindaco? «Deve essere politico»
GUIDONIA – In vista delle elezioni amministrative del 2022 il centrodestra ha trovato una prima quadra tra i tre partiti che lo compongono. Per la candidatura a sindaco, in campo, ci sono i nomi dei coordinatori cittadini, per la Lega è quello di Alessandro Messa (Fratelli d’Italia gioca la carta Mario Pozzi e Forza Italia converge su Maurizio Massini). Quarant’anni, avvocato, Messa è stato eletto consigliere comunale nel 2009 e poi nel 2014, prima con La Destra e poi con Fratelli d’Italia. Nel 2017 ha sfiorato il traguardi rimanendo fuori dall’assise cittadina per un pugno di voti. Nel 2018 il passaggio con la Lega di Matteo Salvini, partito di cui diventa presto coordinatore. Vive da sempre a Villalba che considera un po’ il quartier generale della sua attività politica. Il nome di Alessandro Messa è sul tavolo delle trattative di coalizione, nello scacchiere delle scelte che verranno fatte dai partiti a livello regionale, la candidatura dell’avvocato guidoniano potrebbe entrare nella casella giusta? Intanto, nell’intervista rilasciata a questo sito d’informazione indipendente, analizza l’attuale fase del Cdx definendo l’unità un passaggio imprescindibile. Parla degli scenari per la città e la politica, del «civismo» che ha perso la sua forza propulsiva, senza risparmiare critiche alla sinistra «eco-radicalchic» che a Guidonia ha «costruito una gang elettorale».
D. La città esce da un quinquennio di non politica, al Comune è mancato un indirizzo chiaro che ha tolto concretezza e paralizzato interi settori della pubblica amministrazione. Quanto, secondo lei, la politica dei partiti serve, se serve, per mettere ordine e rilanciare l’azione amministrativa?
R. «La Politica, intesa nel suo significato più alto, deve riprendersi la scena. In tutti gli ambiti, da quello locale a quello nazionale. Da tempo siamo spettatori di un processo di spoliticizzazione dell’esistente. Tutte le scelte fondamentali vengono prese in altri contesti, spesso da persone che non sono sottoposte ad alcun giudizio degli elettori, e la politica si fa mera esecutrice di determinazioni altrui. Ce lo dice l’economia, ce lo chiedono i mercati, largo ai tecnici lo vuole l’Unione Europea, e così è sempre qualcun altro a stabilire e la politica rinuncia al suo ruolo di forza direttrice della società. Con ciò dissimula la sua totale mancanza di visione, il vuoto di idee da cui è affetta e che, anche localmente, si traduce nella politica del corto respiro, dell’ordinaria amministrazione, dove ogni azione è confinata nel contingente. Quando manca una visione, e dunque la politica, tutto si riduce a tecnica, gestione ordinaria, ambizioni personali».
D. Il centrodestra ha rimesso al centro dell’attività politica i partiti che ne fanno parte, in un comunicato stampa recente i tre coordinatori di Forza Italia, Fratelli d’Italia e della Lega che lei rappresenta, univocamente hanno parlato di unità del centro destra, quanto l’unità è un valore per battere le sinistre?
R.«Corretto, il Cdx a Guidonia ha voluto rimettere al centro della politica i partiti che lo compongono, e fin da subito si è chiarito che, se c’è una cosa da cui non si può prescindere, questa è l’unità. Essa rappresenta un valore per noi, ed è una sciagura per i nostri avversari. E’ l’unica strategia vincente per battere la sinistra progressista ed «eco-radicalchic». Se è possibile trarre un insegnamento dalle ultime elezioni amministrative, è proprio questo: il Cdx disgregato non vince perché il nostro elettorato di riferimento, che è maggioranza in Italia, lo punisce. Così come pure non ha tollerato la scelta del Cdx di candidare moderati, presi dai ranghi del civismo. Questo è stato percepito come sintomo di una mancanza di coraggio della nostra classe dirigente nell’affrontare le sfide o, addirittura, di un’assenza vera e propria di classe dirigente. A Guidonia tutto ciò non esiste. E ad una classe dirigente preparata, noi affianchiamo una medesima e solida visione di città, quantomeno sui grandi temi che la riguardano. Noi andiamo uniti non contro qualcuno, ma per Guidonia».
D. Pd e M5S hanno costruito a tavolino un cartello elettore, mirano ad allargare la colazione facendo campagna acquisti nell’area moderata, proprio su Villalba hanno già sottratto pezzi all’ex Polo Civico, coagulato le associazioni storiche della sinistra antagonista come l’Anpi, tutto lascia presagire che sarà una campagna elettorale polarizzata sui fronti contrapposti, in questo quadro, secondo lei, quanto il centrodestra unito può essere competitivo?
R. «Pd e 5 Stelle hanno costituito a Guidonia una gang elettorale. Un’alleanza contro chiunque metta in discussione la loro permanenza sulle poltrone. Il PD si è sposato con i 5Stelle, appoggiando Barbet, e ha ratificato, di fatto, tutto l’operato del sindaco. Oggi lo sostengono, ma domani si vergogneranno di riproporlo alla città, e ne presenteranno un altro, cercando di passare come l’alternativa. Quegli stessi uomini e donne che compongono la maggioranza che oggi governa a Guidonia, saranno gli stessi che si proporranno per sostituire questa fallimentare gestione. Ma loro sono gli eredi di Barbet, non possono essere l’alternativa. Dopo 5 anni che amministri una città, devi dire cosa hai fatto e cosa vorrai continuare a fare nel futuro. Loro non possono, perché non hanno edificato neanche un muretto, non hanno seminato nulla. E lo sanno bene. Per questo cercheranno di spostare l’attenzione sull’antifascismo o sull’onestà. Una truffa ideologica ai danni della città. Purtroppo per loro, a noi non interessa parlare dei fantasmi che vedono e delle loro patologie psichiatriche. Così come non ci faremo dare lezioni di morale pubblica da chi ha palesato di non possederne. Ecco perché il loro sodalizio ha i piedi di argilla, destinato a sgretolarsi giorno dopo giorno. Lo dimostrano le fughe di alcuni consiglieri comunali e di altre figure della sinistra guidoniana. Pd e 5Stelle sono stati un nemico irreconciliabile di Guidonia».
D. Cosa pensa del proliferare delle liste civiche, con l’attuale sistema per l’elezione dei sindaci, rischia di disperdere il voto?
R. «Il civismo, inteso come coalizione di liste civiche alternativa ai partiti, da noi ha già fallito. E’ un’offerta politica che ha sempre meno domanda, lo sanno pure loro. Certo, il pericolo di dispersione del voto è sempre dietro l’angolo, però è pure vero che molte liste civiche sono composte da una sola persona o, al massimo, sono nate per far eleggere in consiglio comunale il politico di turno. Senza prospettive, quindi. Altre, invece, sono realmente rappresentative di istanze ed esigenze della collettività. È a queste ultime che il Cdx deve rivolgersi, riuscendo nel tentativo di fare massa, per raggrumare intorno a sé tutta quella galassia civica autenticamente intenzionata a mettersi al servizio della città».
D. Quanto sarà difficile nel centrodestra trovare l’accordo su un candidato sindaco di sintesi tra le diverse anime che lo compongono, sarà un profilo politico?
R. «Il nome è fondamentale. Esso rappresenta il profilo sulle cui spalle dovrà camminare il programma da presentare alla città. Coloro che ripetono che occorre prima il programma e poi il nome, dicono una fesseria. Puoi avere i punti più belli del globo, ma se li metti nelle mani della persona sbagliata, perdi. Il profilo giusto è precondizione per la vittoria, che a sua volta è necessaria per arrivare al governo. Ma non ci si può accontentare di vincere le elezioni, ovvio. Ecco allora l’impellenza di dotarsi di una squadra all’altezza del compito che ci si è dato. Uomini e donne giusti, idee chiare, parole nette. Non si deve ripetere l’errore commesso a Roma e nelle altre città d’Italia: candidati sbagliati, scelti pure in ritardo, poche idee e parole confuse. In politica le sintesi sono politiche, non tecniche. Per questo solo un politico può avere la capacità di federare forze e culture differenti del Cdx, quelle identitarie e sovraniste con quelle più moderate e liberali. E deve essere per forza un uomo politico anche perché, altrimenti, quando lo scontro si farà più duro, non si potrà neppure fare appello al voto contro lo schieramento politico avverso, in quanto tu avrai un candidato ibrido, che non ti consentirà di fare questo».
D. La Lega Lazio attraversa un momento difficile, a Roma i risultati del centrodestra sono stati in generale al di sotto delle aspettative, non teme l’effetto domino a Guidonia?
R. «La Lega, in realtà, soltanto a Roma non ha ottenuto i risultati sperati. In Provincia di Roma e nel Lazio, invece, i numeri dicono che è andata oltre le aspettative, ottenendo le stesse percentuali di Fd’I. Oggi i sondaggi mostrano che la Lega sta risalendo, ma il punto non è ottenere qualche voto in più dei tuoi alleati. Purtroppo è tutto il Cdx ad attraversare una crisi mistica, sia in Italia che in Europa. Basti pensare che tra tutte le capitali europee, il Cdx governa solo a Madrid. Ora, è vero che le elezioni amministrative sono tradizionalmente a noi ostili, ma qui abbiamo sbagliato tutto. Non soltanto nella scelta dei candidati, civici anziché politici, ma anche perché non siamo riusciti ad intercettare il dissenso diffuso che serpeggia in Italia. Oltretutto, non siamo stati sufficientemente convincenti per i nostri elettori di riferimento, confusi e demotivati nel vedere un Cdx diviso in due sul piano nazionale. Forse sarebbe il caso di smetterla con le chiassose liti da condominio e cominciare a pensare in grande. Si fa una incessante discussione su un Cdx che deve farsi più moderato, popolare ed europeista, isolando la destra. Ma in Europa i popolari sono totalmente appiattiti sulle posizioni globaliste e «cattoprogressiste», non c’è più una reale differenza tra partito popolare europeo, liberali e socialisti, almeno sulle grandi questioni. Non sono alternativi alla sinistra, ma complementari ad essa, vagoni di uno stesso treno. Allora la meta non è diventare moderati, ma riportare questi nell’alveo del Cdx, per costruire con sovranisti e identitari un grande Polo che sia un’opzione realmente differente. Convochiamo i congressi nei singoli partiti, diamoci un’agenda, fissiamo due/tre punti e stabiliamo chi vogliamo rappresentare. Anche così si ritorna ad essere credibili e a vincere nelle città. Non si può pensare di incidere sulla realtà se non si è in grado di governare le città, di parlare alle città e di avere un’idea di città».
D. Che scenari immagina nel futuro di Guidonia Montecelio?
R. «Occorre un poderoso cambio di passo e un’accelerazione. Innanzitutto rimettere in moto ciò che prima funzionava e ora non più. La macchina amministrativa è ferma da 5 anni. Dopodiché, la priorità è mutare radicalmente le funzioni del sindaco, che deve cambiare il suo approccio alla realtà. Il sindaco di Guidonia non può ridursi a fare il dipendente comunale o il vigile urbano aggiunto, dietro alle buche o ai sacchi dell’immondizia. Guidonia deve diventare un marchio, un brand, e il sindaco il suo promotore nel mondo. Deve attrarre capitali, convogliarli in città, per metterli a disposizione dei consiglieri comunali, degli assessori e dei dirigenti, affinché realizzino il programma politico amministrativo. Il sindaco deve avere una grande visione e la capacità di intercettare i flussi di denaro che gli passano sopra la testa. Alla mancanza di competenza si può sopperire, all’assenza di idee no. Se non sai cosa vuoi fare, se non hai un progetto definitivo, non ti viene neppure in mente di andare alla ricerca di fondi: non sapresti cosa farci. E allora ti riduci come Michel Barbet, a farti immortalare mentre assisti con fierezza alla riparazione di una buca. E tutto si esaurisce lì. Dopo aver cambiato radicalmente l’approccio del sindaco, è imprescindibile creare un Ufficio Europa, composto dai migliori professionisti del settore, col solo scopo di partecipare ai vari bandi e finanziare i progetti che la politica ha in mente per la città. Questo oggi è mancato. Perciò a Guidonia il degrado non è più l’eccezione, ma è diventato uno standard qualitativo».
D. Se potesse decidere da solo, in modo pragmatico e risolutivo, 5 cose da fare subito per risolvere le criticità di Guidonia Montecelio, quali sarebbero?
R. «Decoro, sicurezza, viabilità, secondo una nuova idea, audace e rivoluzionaria: noi non vogliamo soltanto riqualificare le periferie. Una periferia, per quanto adornata, sarà sempre un’appendice urbana. La periferia deve diventare centro di sé stessa, autosufficiente. Ciò è possibile, innanzitutto, garantendole i servizi di prossimità essenziali: vanno ripristinate le delegazioni in ogni quartiere, con annessa presenza dei vigili urbani, il cui Corpo va implementato. Non è utopia. E da qui ricominciare, per connettere le varie zone, con la programmazione urbanistica e del verde urbano, perché neppure la piantumazione di un albero può essere fatta a vanvera. L’improvvisazione è un lusso che Guidonia non può più permettersi. Il sindaco, poi, deve farsi alfiere dello sviluppo economico cittadino. Deve andare a prendere tutti coloro che hanno in animo di investire su Guidonia e dire loro «venite a fare impresa da noi, perché è più facile e vantaggioso che in altri posti, vi mettiamo a disposizione tutto ciò di cui avete bisogno ed in tempi rapidissimi». Deve essere creato un apposito Ufficio Impresa e Iniziativa, un unico Sportello col solo compito di sbrigare tutte le pratiche, sotto ogni aspetto, per chi voglia aprire un’attività, grande o piccola che sia. Quelli bravi parlano di semplificazione. E poi formare quel sentimento di identità che oggi ai guidoniani manca, affinché possano dire con orgoglio «io abito a Guidonia» e sfoggiare le proprie insegne di appartenenza con spavalderia. Anche da noi, col Pd e 5 Stelle, abbiamo assistito alla furia ideologica della cancel culture: targhe rimosse, murales senza senso, decori urbani non rispettosi dello stile architettonico della città. Da anni Guidonia è percepita come un non luogo, un fastidioso lembo di terra tra Roma e Tivoli. Invece ha eccellenze e qualità che vanno mostrate al mondo con vanto, come Montecelio, il nostro Borgo, che deve essere una risorsa e non un peso. Se una città è bella, sarà più facile sentirla propria. La politica della bellezza è anche la politica dell’identità».