GUIDONIA – Le mani sui 10 milioni di euro di fondi del PNRR, gli uffici dell’Urbanistica potranno gestire direttamente gli appalti per la realizzazione delle opere approvate dal Piano di ripresa e resilienza, derogando l’obbligo di affidamento di tutte le procedure di gara alla Centrale unica di committenza (Cuc) della IX Comunità montana del Lazio. Lo ha deciso il consiglio comunale nella seduta di ieri, mercoledì 5 aprile, con voto tutt’altro che unanime (17 favorevoli e 4 astenuti di cui 3 dell’opposizione), che ha spaccato la formazione civica al governo della città. Arianna Cacioni, espressione della lista «Città Nuova», nel corso del dibattimento sul punto ha annunciato voto di astensione, «in difformità con il mio gruppo consiliare» e la maggioranza, indicando nelle forzature di legge le motivazioni alla base della sua decisione.

«Questo provvedimento non si può votare perché ritengo di non potermi, dovermi assumere la responsabilità di quello che prevede. Quello che ci viene chiesto di approvare oggi – ha spiegato Cacioni nel suo intervento – è sì la delibera di “presa d’atto” dalla rimodulazione progettuale delle opere previste nel Pnrr, ma nella sostanza il punto prevede la deroga al normale regime di affidamento che l’amministrazione utilizza, in forza di una delibera di consiglio comunale, avvalendosi della Cuc per l’autorizzazione delle gare d’appalto. Con questo provvedimento, semplicemente gli uffici dell’Urbanistica avocano a sé la funzione appaltante». Sarà, dunque, direttamente il Comune a gestire le gare d’appalto, ed è già prevedibile immaginare che lo farà attraverso le procedure super semplificate previste dal Codice Salvini da poco licenziato dal governo di Giorgia Meloni.

Si tratta di un progetto («Le piazze di Guidonia, i luoghi degli sguardi: progetti di riqualificazione urbana volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale») per il quale, nel 2021, si sono resi disponibili, complessivamente, 9.950.000 euro a fondo perduto per il finanziamento di due opere del valore, ciascuna, di circa 5 milioni. Circostanza che consente oggi al Comune di procedere con affidamenti diretti sotto la soglia dei 5.380.000 euro come espressamente previsto dal Codice Salvini.  Basterà convocare 10 operatori sul mercato elettronico della pubblica amministrazione (Mepa) per assegnare i lavori. Una procedura in cui la componente discrezionale nella scelta finale dell’appaltatore potrebbe innescare quel «pericolo corruttivo» su cui Anac (Agenzia nazionale anticorruzione) ha già messo in guardia  in relazione al nuovo Codice degli appalti.

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Ma i contenuti dell’atto discusso e approvato ieri, all’apparenza volutamente sottratti alla trasparenza dovuta ai cittadini, vertevano (anche) sulla cosiddetta “presa d’atto” «dell’arricchimento patrimoniale dell’Ente in funzione dell’ottenimento del progetto». Una formula confusa, usata per celare l’altro scopo della delibera: «Acquistare» per 199.947 euro la progettazione delle opere del Pnrr, ovvero la riqualificazione del complesso edilizio abusivo (acquisito al patrimonio comunale) di Colle Rosa a La Botte di Villanova e la costruzione di una pista ciclopedonale. I progetti definitivi sono già stati appaltati dalla Cuc a dicembre 2022 alla società F&B Engineering Srl di Colleferro (Roma), ma sarebbero a forte rischio definanziamento a causa delle (necessarie) correzioni apportare dai civici al progetto originario (sbagliato) finanziato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, immodificabile per le stesse regole del PNRR. In quel caso, con «l’arricchimento patrimoniale» adottato dall’aula, sarebbe il Comune a dover pagare, dunque tutti i cittadini contribuenti di Guidonia.

Il progetto sbagliato dai 5Stelle

L’accertamento è avvenuto nelle prime riunioni della commissione Urbanistica a trazione civica, gli errori grossolani commessi in fase di progettazione preliminare, gestita in house dalla stessa Urbanistica chiamata ora a gestire gli appalti, si concentravano sul tracciato della futuribile pista ciclopedonale di Villanova-La Botte, un percorso lungo 10 chilometri ma largo appena 1 metro. Un’opera «lillipuziana». Quel progetto preliminare era stato ammesso al finanziamento statale previsto dal PNRR nella primavera del 2021, quando alla guida di Palazzo Guidoni c’erano i 5Stelle (campioni di errori grossolani), l’urbanista Chiara Amati sedeva sulla poltrona di assessore competente. Proprio in quel periodo prendeva forma «L’intervento di promozione delle attività sportive attraverso la realizzazione di una pista ciclopedonale di raccordo tra diverse piazze pubbliche». Il cui tracciato comprendeva (anche) l’Acquedotto dell’Acqua Marcia (di proprietà di Acea Spa) ricadente all’interno del territorio del Comune di Tivoli. Partendo dalla corte centrale del casale di Colle Rosa, anch’esso oggetto di intervento, il progetto prevedeva la realizzazione di un’arteria ciclopedonale di raccordo tra diverse piazze di Villanova, Villalba, Albuccione, con «interventi di miglioramento della qualità del decoro urbano attraverso lavori di recupero». La giunta 5Stelle aveva preventivato una spesa, fissata nel quadro tecnico economico, pari a 4.330.000 euro da coprire attraverso i fondi resi disponibili dal PNRR.

La pista ciclopedonale «lillipuziana»

Il progetto preliminare e vincolante ai fini dell’ottenimento dei fondi statali, mostrava però subito più di qualche criticità. Come le dimensioni «lillipuziane» del tracciato, largo appena 1 metro. E ancora: l’impossibilità di superare, con i tempi stretti fissati dal bando del PNRR, l’ostacolo degli «espropri impossibili» sulle aree di proprietà di Acea Spa dove incide la presenza di strutture inamovibili come le condotte idriche. È stato inoltre un errore di calcolo, accertato successivamente alla presentazione del progetto, sulle distanze di rispetto dal Fosso delle Prata a costringere gli uffici comunali a cambiare il progetto: pur mantenendo inalterati gli standard urbanistici previsti (10 Kmq), il nuovo tracciato è stato rimodulato, passando da una lunghezza di 10 a 5 chilometri e ad una larghezza di 2 metri al posto dell’uno inizialmente previsto. Correzioni «postume» che potrebbero compromettere l’erogazione dei fondi del PNRR per violazione dei criteri stringenti previsti dal bando. Per scongiurare questa eventualità è così partita, a novembre 2022, una fase interlocutoria tra il dirigente all’Urbanistica Cristina Zizzari, l’assessore delgato nel settore Anna Mari, il sindaco Mauro Lombardo e i ministeri interessati ai finanziamenti. Che non hanno però voluto fornire «pareri» sulla fattibilità delle modifiche apportare al progetto ai fini dell’accesso ai fondi. Con il voto di ieri, in caso di definaziamento, pagherà il Comune. C’è da aggiungere che l’Urbanistica comunale è ancora nelle mani di un pool di tre tecnici operativo dai tempi dell’amministrazione 5Stelle. Cristina Zizzari, su indicazione fiduciaria dell’ex sindaco stellato Michel Barbet, nel luglio del 2021 era subentrata da dirigente a Paolo Cestra migrato al Comune di Latina. Adesso, Arianna Cacioni, chiede un cambio di passo migliorativo degli assetti gestionali del settore, gli stessi responsabili degli errori che il Comune rischia di pagare a caro prezzo con la perdita dei  fondi del PNRR.

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AUTORE: Elisabetta Aniballi

Blogger e Giornalista professionista. Nella sua trentennale carriera ha maturato esperienze prevalentemente nella carta stampata senza mai nascondere l'amore per la radio, si occupa inoltre di comunicazione politica e istituzionale.

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