GUIDONIA – La Regione Lazio con nota numero 0770377 del 28 settembre 2021 ha fatto da passa carte. Inoltrando ad Arpa Lazio «la richiesta (non sua ndg) di inserire la discarica, sita in località Inviolata, nelle aree ad elevato rischio ambientale come previsto dalla legge regionale 13/2021». Ossia, se lo ritiene, l’Arpa potrà attivare, per la sola discarica, le procedure previste da questa norma per i siti compromessi sotto il profilo ambientale. Si resta in attesa della relazione (se mai ci sarà) dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale. Che però ad aprile del 2021 ha licenziato il Piano di caratterizzazione per la messa in sicurezza del sito, dopo la perimetrazione tra i primi step previsti anche dalla legge del 2019 per attivare le operazioni di bonifica. Si tratterebbe, quindi, di ripetere un procedimento già in essere. A chi giova? La domanda è retorica. La campagna elettorale incombe e il Partito democratico che governa la Regione Lazio e il Comune di Guidonia Montecelio ha bisogno di iniziative glamour. La messa in sicurezza della ex discarica è uno dei cinque punti programmatici, spacciato per novità, su cui hanno costruito l’alleanza con il M5S anche a livello locale, ora i democratici sono pronti a scoprire l’acqua calda e a raccontarla agli elettori nei prossimi mesi. Con il supporto della società Pmf, ingaggiata dal Comune per l’esperienza acquisita nel campo delle bonifiche ma anche della comunicazione. Vale a dire che i professionisti ingegneri che si occupano degli aspetti tecnici, nella società, sono affiancati da esperti di marketing che sanno valorizzare i risultati, o presunti tali, che si raggiungono. Con tale scopo, e dietro congruo compenso, questa Srl è diventata «assistente al Rup» del dirigente all’Ambiente Egidio Santamaria, responsabile del procedimento amministrativo relativo al Piano di caratterizzazione dell’ex discarica dell’Inviolata, chiuso definitivamente e senza prescrizioni vincolanti ad aprile del 2021.

Nelle carte comunali è anche scritto che i titolari di questa società si sono messi a dare consigli all’amministrazione Giallo-Rossa su come impedire l’apertura del Tmb, vero obiettivo della pantomima inscenata «sull’area ad elevato rischio ambientale» da calare sull’ex discarica. È loro l’idea suggerita al sindaco grillino Michel Barbet di «chiudere» via dell’Inviolata al transito dei veicoli a tutela della salute pubblica. Due ordinanze sequenziali adottate tra agosto e settembre e finite, come era presumibile, nel mirino della Guidonia Ambiente Srl, la società riconducibile a Manlio Cerroni, proprietaria dell’impianto industriale già autorizzato, collaudato e funzionante. Come è andata a finire davanti al Tar del Lazio, chiamato a pronunciarsi sulla regolarità dei provvedimenti adottati da Barbet, è cronaca recente: (Guidonia – Ha disposto la tutela della «munnezza» su via dell’Inviolata, il Tar ride e condanna Barbet), Il sindaco ha sbagliato su tutti i fronti ed i giudici hanno condannato il Comune a risarcire le spese legali alla controparte, ovvero Cerroni.

Ma per dare una idea del gallinaio che da tempo ruota attorno alla vicenda dell’ ex discarica e dell’impianto  va aggiunto che l’elenco dei suggeritori è lungo. Ne fanno parte i capi di associazioni denominate ambientaliste. Apparentemente soggetti legati al volontariato militante e lontani dai vituperati partiti e dalla politica del magna magna. Donatella Ibba, signora 70enne con curriculum di insegnante di arti marziali e di venditrice, ne rappresenta al meglio i profili. Si è anche candidata a sindaco del Comune di Fonte Nuova in passato, raccogliendo poco più di 280 voti, finendo per andare a ricoprire l’incarico di assessore all’Ambiente nella giunta politica (e partitica) di Fabio Cannella, l’ex sindaco del Partito democratico caduto anzitempo sotto gli scandali. Oggi Donatella Ibba si vende sui Social come una grande esperta di materia giuridica. Non c’è cavillo che le sfugga e lo sciorina tra i like di una manciata di tifosi. È diventata amica del consigliere regionale (ex 5Stelle oggi nei Verdi europei) Marco Cacciatore, «inventore» della legge 13 del 2019. Da questo incontro nasce l’acqua calda: infilare la ex discarica nell’elenco dei siti ad elevato rischio ambientale. Attenzione: solo l’area su cui insiste lo sversatorio che fu. Infatti la nota 0770377 del 28 settembre 2021 è chiara: «La richiesta di inserire la discarica, sita in località Inviolata, nelle aree ad elevato rischio ambientale come previsto dalla legge regionale 13/2021». Nessun cenno alle zone limitrofe. Compreso il sedime su cui insiste l’impianto. Cosa significa? Che l’esser ricorsi a questa legge non inciderà minimamente sulle sorti dell’Impianto. Ma anche se l’area presa in considerazione fosse stata più estesa, pure in quel caso la norma non avrebbe prodotto effetti sul Tmb. Al contrario di quanto asserito (anche) dal consigliere regionale del M5S Valerio Novelli – che su Facebook scrive di un «inserimento dell’Inviolata nelle aree a rischio ambientali, in ottemperanza della legge regionale approvata nel 2019» – anche lui nel gruppo dei mistificatori per fini elettorali? 

Due o tre cosette da sapere sulla legge 13 del 2019

Una norma confusa, al momento inapplicata, ecco cosa prevede. Innanzitutto di perimetrale l’area oggetto del grave rischio ambientale ai fini della caratterizzare del danno e per procedere con un Piano di bonifica, passaggio, come detto, già condotto in porto con il procedimento licenziato nell’aprile scorso. Ma nella ipotesi in cui le potenziali nuove prescrizioni dell’Arpa dovessero arrivare, quanto la legge in esame sarebbe efficace per fermare le attività dell’impianto, vero obiettivo dell’amministrazione Pd-M5S e degli ambientalisti? 

Va detto che la norma approvata due anni fa su proposta proprio di Cacciatore non presupporrebbe comunque alcun «automatico» divieto di bloccare le attività industriali già autorizzare dalla Regione Lazio né di realizzarne di nuove. Il caso si è già presentato per la Valle del Sacco, area fortemente compromessa dall’inquinamento per cui la legge è stata pensata, rimanendo incredibilmente inapplicata. La Regione Lazio non ha infatti mai redatto e approvato l’atto di perimetrazione per definire i confini delle zone oggetto di bonifica. Un paradosso? Sì. Anche se nella Valle del Sacco, l’accertamento della sussistenza della grave alterazione degli equilibri ambientali è stata definita dal Sin (Siti di interesse nazionale) del Ministro dell’Ambiente. A seguire, nell’albo delle inadempienze, nemmeno l’approvazione del Piano di risanamento previsto dall’Articolo 3 della legge è stato mai adottato né approvato dalla Regione Lazio. Nel caso della Valle del Sacco, come raccontato dal sito d’informazione AlessioPorcu.it in relazione ad una nuova autorizzazione industriale ma vale anche per le preesistenti, la valutazione e l’accertamento del rischio di aggravamento dello stato ambientale li fa già la Regione indipendentemente dalla legge. Come? Attraverso l’iter dell’obbligatorio procedimento di Via (Valutazione impatto ambientale) già stabilito dalla legge (Testo Unico Ambiente, DLgs.vo 152/2006). 

«Ne consegue che sono gli Uffici Regionali (con la Via) a stabilire se l’impianto progettato sia compatibile con lo stato dell’area interessata e non la Legge Regionale n.13/2019. La quale non dispone alcun divieto per i nuovi impianti, o quelli autorizzati, per il solo fatto dell’esistenza dell’area di crisi ambientale. Insomma, il testo Cacciatore non attua una tutela più stringente rispetto a quella già prevista dalla normativa vigente. Non solo. Con la delibera di giunta n.132 del 27 febbraio 2018 la Regione Lazio ha stabilito le regole del procedimento di Via. Si conclude con un provvedimento chiamato Provvedimento autorizzativo unico regionale – Paur: contiene tutte le autorizzazioni necessarie alla realizzazione ed all’esercizio degli impianti, non solo quelli di trattamento di rifiuti. Perciò, quando il progetto supera lo scrutino della Via è di conseguenza dichiarato compatibile anche con l’area di crisi ambientale. E l’autorizzazione sarà rilasciata dal Dirigente dell’amministrazione regionale, il quale non può che applicare le regole oggi esistenti». Ne consegue che la vicenda dell’area ad alto rischio ambientale calata sulla ex discarica è solo un bluff di una parte politica in cerca di consenso. Raccontare la verità dei fatti ai cittadini sarebbe invece un dovere. 

AUTORE: Elisabetta Aniballi

Blogger e Giornalista professionista. Nella sua trentennale carriera ha maturato esperienze prevalentemente nella carta stampata senza mai nascondere l'amore per la radio, si occupa inoltre di comunicazione politica e istituzionale.

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