GUIDONIA – Il 7 dicembre 2006 compare, mediante avviso pubblico sul quotidiano La Repubblica, il progetto di un impianto integrato per il trattamento e la valorizzazione di rifiuti urbani (TMB) da realizzarsi nel Comune di Guidonia Montecelio, località Inviolata. A presentarlo è Co.La.Ri. (il Consorzio d’imprese che fa capo al magnate dei rifiuti Manlio Cerroni); a riceverlo, alla Regione Lazio, c’è il Commissario delegato alla gestione dell’emergenza ambientale, nonché presidente di centrosinistra (eletto il 4 aprile del 2005), Piero Marrazzo. Quel giorno a Guidonia Montecelio scoppia la bagarre, le fibrillazioni sono alle stelle: si va in consiglio comunale. All’ordine del giorno c’è una mozione per bocciare l’impianto. Un gruppo di cittadini si dice contrario e si rivolge agli amministratori di riferimento. Che sono tutti a sinistra. Finirà come nel video: una fuga dall’aula e dalle responsabilità. Ma andiamo per gradi. E torniamo alla prima decade del terzo millennio. Siamo nel 2006 e da un anno al governo della città si è insediata una amministrazione di centrosinistra. A reggerla ci sono i partiti che l’anno successivo sarebbero confluiti nel Pd: La Margherita e i Democratici di sinistra. Anche Rifondazione comunista fa la sua parte, dalla giunta guidata dal sindaco Filippo Lippiello manovra l’assessorato ai Lavori pubblici. È in questo preciso momento storico politico che prende forma il procedimento amministrativo regionale  sul TMB. È la fase in cui gli Enti territoriali sono chiamati, ciascuno per la propria competenza, ad esprimere i pareri tecnici. Al Comune di Guidonia Montecelio, sede dell’opera, la legge declina l’onere di esprimersi sulla localizzazione e la sua compatibilità urbanistica. Il progetto cerroniano dovrebbe realizzarsi su alcune aree industriali ritagliate a ridosso della riserva naturale dell’Inviolata, l’Ente locale (il Comune) in quel momento ha ancora la facoltà piena di opporsi, individuando zone di territorio alternative. Alla Regione Lazio attivano quindi le procedure di rito, ma alle richieste formali di indicare una diversa posizione il Comune non risponderà mai. Varrà il silenzio assenso amministrativo, un istituto giuridico disciplinato dalla legge 241 del 1990. È così che la procedura di rilascio delle autorizzazioni regionali, che sarà avviata con la conferenza dei servizi del 2009, individuerà definitivamente l’Inviolata quale sede dell’impianto.

C’è un altro passaggio decisivo nella collocazione del TMB in quel lembo di agro romano. Un fatto determinante accaduto il 15 luglio 2005. Quando sono trascorsi 40 giorni dalla sua elezione a presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, nella veste di Commissario delegato all’emergenza, firma il Decreto n. 65, esso dispone che «la localizzazione dei nuovi impianti di trattamento dei RU debba preferibilmente essere effettuata a bocca di discariche in esercizio». Caso vuole che l’area individuata sia proprio nei pressi di un sito attivo in quel momento, l’Inviolata,  che verra definitivamente chiusa nel 2014. Con il successivo Decreto n. 93 del 16 ottobre 2007 a firma ancora di Piero Marrazzo, la Regione Lazio approva il progetto definitivo di impianto TMB  presentato da Co.La.Ri, da costruirsi all’Inviolata di Guidonia per trattare 190.000 tonn/anno di rifiuti.

Non starò qui a ripercorre le tappe antecedenti o successive al fatal biennio 2005/2007, ovvero gli atti di indirizzo che dal 2002 arrivarono, univoci, dal consiglio comunale e dalla pianificazione regionale, e che stanno lì a dimostrare come quell’impianto lo volessero, senza differenze politiche, un po’ tutti i partiti e lo volessero proprio all’Inviolata. Fu così che tra voti favorevoli e provvidenziali assenze e/o astensioni, si arrivò alla delibera del 2004 che indirizzava l’avvio del cambio di destinazione d’uso dei terreni e la loro trasformazione da uso agricolo a industriale. Il sindaco del momento era Stefano Sassano (centrodestra), la volontà di realizzare un impianto per il trattamento meccanico biologico all’Inviolata già emergeva con chiarezza. Per dovere di una verità fattuale ormai consegnata alla storia, m’è d’obbligo aggiungere che la variante urbanistica decisa dal Comune, poco avrebbe inciso senza il lavoro fatto in Regione di esclusione delle aree oggetto di intervento dal perimetro del Parco archeologico dell’Inviolata. Ci pensò Francesco Storace, nel febbraio del 2005. Quando, a pochi mesi dalla sua mancata rielezione a presidente della Regione Lazio, grazie a poche righe di testo inserite nella legge di bilancio, riuscì a «tagliare» la Riserva istituita con legge regionale nel 1996, sottraendo centinaia di ettari alle restrizioni a cui le zone protette sono soggette. Non era tutta farina del sacco del centrodestra regionale, in quel momento maggioranza di governo alla Pisana. La necessità di una riduzione dei confini aveva infatti preso forma in una mozione a firma di Carlo Lucherini, all’epoca consigliere regionale (all’opposizione) dei Democratici di sinistra. Che in quegli anni in Regione Lazio  si lavorasse di concerto verso l’obiettivo comune, senza esprimere particolari differenze nelle cose da fare, era solito raccontarlo Eligio Rubeis, nel 2004 consigliere comunale, divenuto sindaco nel 2009: «Mi chiamavano un po’ tutti dalla Regione per dirmi di farmi gli affari miei, che il TMB andava fatto e andava fatto all’Inviolata».

Una certa trasversalità d’intenti, tra destra e sinistra, è provata anche dalle compravendite dei terreni sui cui l’impianto sarebbe stato costruito. Chi scrive ha raccontato le circostanze in articolare inchieste giornalistiche pubblicate in quegli anni sul quotidiano Guidonia Oggi, a seguire sul periodico del Comune Il Municipale, i fatti sono noti anche per essere stati successivamente ripresi e divulgati da CRA, il Comitato di risanamento ambientale. Avvenne infatti, dal 2003, e per gli anni successivi, che mentre le amministrazioni locale e regionale intervenivano con le modifiche agli strumenti urbanistici e di tutela sull’area dell’Inviolata, importanti esponenti dei partiti (dal 2005 al governo della città), come il segretario cittadino de La Margherita Paolo Morelli, in prima persona (e attraverso il suo Consorzio dell’Inviolata) acquistasse la proprietà di molte di quelle aree che poi avrebbe rivenduto a prezzi decuplicati nel valore al colosso dell’e-commerce Bartolini. Sempre Morelli fece da intermediario tra Carlo Filippo Todini (il proprietario delle centinaia di ettari di terreni all’Inviolata) e Manlio Cerroni (presidente del CdA dell’azienda di rifiuti Co.La.Ri.) che si accordarono senza troppe difficoltà sui termini di compravendita dei terreni destinati all’impianto. Nell’ottobre del 2003, davanti al notaio Emma Anedda di Tivoli, per la firma del compromesso d’acquisto, sono presenti Cerroni e, su procura di Carlo Todini, Paolo Morelli. Il 30 giugno del 2005, Todini, Cerroni e Morelli si ritrovano davanti allo stesso notaio per formalizzare l’atto di compravendita e completare il mosaico che darà vita all’impianto TMB all’Inviolata. Segue, come detto, il Decreto n. 93 del 16 ottobre 2007 a firma Marrazzo. Fondamentale nella costruzione della procedura autorizzatoria è ancora il Decreto commissariale n. 24 del 24 giugno 2008 che alla Regione individua, tra gli interventi «indifferibili» per scongiurare l’emergenza rifiuti nel Lazio, come necessario l’impianto TMB nel territorio di Guidonia Montecelio. Il 20 gennaio 2009, si apre alla Pisana la Conferenza dei servizi che deve valutare il rilascio delle autorizzazioni. Il Comune deve portare il proprio parere relativamente alla compatibilità urbanistica dell’impianto, ma a Palazzo Guidoni tira aria di crisi. Sono le ultime settimane del mandato sindacale di Filippo Lippiello, sciolto il  23 gennaio con i voti determinati di tre consiglieri dei Ds (Anna Rosa Cavallo, Alessandro Marzano e Angelo Ciccotti). Fanno parte della maggioranza consiliare che, all’acme delle contraddizioni, il 7 dicembre del 2006, aveva bocciato la mozione contro il TMB, rifiutando di esprimere un voto, costretta a lasciare l’aula tra i fischi dei cittadini presenti: di seguito il video di quegli eventi. Quei consiglieri erano (anche) Giorgio La Bianca, Massimo Leonio,, altri che non ci sono più. La nuova maggioranza consiliare guidoniana di centrodestra, insediata a luglio del 2009, è ora chiamata a gestire la fase finale  della procedura autorizzatoria dell’impianto che ha già preso forma sotto il profilo amministrativo . (To be continued)

AUTORE: Elisabetta Aniballi

Blogger e Giornalista professionista. Nella sua trentennale carriera ha maturato esperienze prevalentemente nella carta stampata senza mai nascondere l'amore per la radio, si occupa inoltre di comunicazione politica e istituzionale.

Nessun Commento

Lascia un Commento

Il tuo indirizzo e-mail non sarà pubblicato.