CLAUDIO Fazzone,  potente coordinatore regionale di Forza Italia, da mesi è accreditato dagli osservatori come apripista degli accordi con il centro del centrosinistra nel Lazio (si raccontano incontri con il pari grado del Pd Bruno Astorre per definire le linee in vista delle prossime elezioni amministrative: NE ABBIAMO SCRITTO QUI Elezioni amministrative, le alleanze pontine tra FI e Pd sono replicabili altrove? Laboratorio Fazzone). Il partito nazionale è diviso (si è visto con l’elezione del Presidente della Repubblica), molti big pensano (e lo hanno dichiarato) che il centrodestra «come lo abbiamo conosciuto dal 1994 non esiste più». Paolo Barelli, il capogruppo dei deputati azzurri, all’alba del Mattarella Bis ha detto che «il presidente Silvio Berlusconi e Forza Italia hanno determinato la scelta del Capo dello Stato. Le proposte che ora arrivano dalla Lega e da Matteo Salvini saranno vagliate attentamente. Noi siamo nel centrodestra e faremo le valutazioni appropriate al momento opportuno». Dichiarazioni sibilline. La proposte arrivate da Salvini di federazione nel nuovo Partito repubblicano sono state accolte timidamente. Dal canto suo, Giorgia Meloni, leader donna all’opposizione del governo Draghi, rivendica chiaramente la vocazione maggioritaria di Fratelli d’Italia. Seguiranno appelli al voto utile, per favorire (a detta di Meloni) l’unico partito rimasto estraneo agli inciuci e alle poltrone. Un partito conservatore, identitario e liquido, ossia in grado di attrarre un elettorato eterogeneo e deluso, messo a dura prova dalla crisi pandemica ed economica. Giorgia Meloni prova insomma a ballare da sola. Le orme sembrano quelle tracciate nel 2008 dal neo Partito democratico di Walter Veltroni. Quando l’utopia dell’autosufficienza in un sistema bipolare segnò le elezioni politiche. Un obiettivo lo colse l’ex segretario dem: emarginare la sinistra bertinottiana dei micropartiti. Rifiutando di aggregarli, Veltroni li lasciò fuori dal parlamento e con la sola Italia dei Valori sfiorò il 39% dei consensi. Corsi e ricorsi storici.

Nel frattempo la legge elettorale è cambiata, il modello di riferimento sembra essere tornato quello proporzionale, e nel nuovo quadro che si va delineando anche il 2% di Matteo Renzi può dimostrarsi utile a fare il totale per chi lavora al Centro del centrosinistra e del centrodestra con l’obiettivo di unire i «cespugli» in vista delle prossime elezioni politiche previste, salvo sconvolgimenti improbabili, nel 2023. Un quadro che per gli analisti potrebbe comporsi con Forza Italia, i centristi di Udc-Noi per l’Italia, i «totiani» di Cambiamo, pezzi della Lega a rischio scissione, fronde ex margherite provenienti dello stesso Partito democratico, «renziani» e «calendiani», neo democristiani del M5S come Luigi Di Maio e Giuseppe Conte, senza dimenticare i sommergibili della Democrazia cristiana come Angelino Alfano, e gli evergreen della Balena Bianca (vedi Pierferdinando Casini e Lorenzo Cesa): sarebbero tutti comodamente all’interno di un contenitore centrista che punta al 20%. Sarà così? Scomposizioni e ricomposizioni, in questo  quadro in via di definizione, tra qualche mese, si vota per il rinnovo dei consigli comunali in tanti comuni Italiani e laziali. Dove il sistema delle alleanze è diventato un vero terno al lotto. A Guidonia Montecelio, terza città della regione per numero di abitanti, il centrodestra è in bilico. Due giorni fa, il coordinatore comunale azzurro Maurizio Massini, richiamando comunque l’unità del Cdx quale obiettivo prioritario, ha dato un ultimatum: trovare la quadra (e un candidato sindaco condiviso) entro il 20 febbraio, portando la questione guidoniana sui tavoli romani, o Forza Italia valuterà «soluzioni alternative» al centrodestra.

Il centrosinistra è stato ricomposto su modelli novecenteschi, con il Pd-Pds nel ruolo di partito catalizzatore e il M5S ridotto a fronda marginale nell’alleanza a freddo decisa e messa in atto nel settembre scorso. Completano il quadro associazioni come l’Anpi confluite nella lista elettorale Un’Altra Storia. Al momento è tutto qui. Si cercano però ampliamenti. Il fronte aperto del dialogo è con Claudio Zarro, l’ex 5Stelle ora a capo di un cartello di una decina di liste civiche. E l’accordo di massima sarebbe chiuso già per il primo turno: andare insieme e arrivare al ballottaggio il filo dell’unione, dove però ancora manca il nome del candidato sindaco, il cui profilo non è facile da individuare. Poi c’è il Nuovo Polo Civico, in posizione attendista è pronto ad accogliere ulteriori pezzi in fuga dalle colazioni. La Lega di Alessandro Messa è data dai bene informati sempre più vicina alla formazione che ha già accolto Paola De Dominicis (ex capogruppo del Pd) e il suo gruppo elettorale, pezzi dell’ex M5S. Più difficile, al momento, appare l’intesa con gli azzurri di Forza Italia, Massini ma anche Stefano Sassano, il coordinatore provinciale, hanno parlato a più riprese della loro indisponibilità a rinunciare al simbolo del partito. Forza Italia non è disposta a disciogliersi in una lista civica, condizione posta invece da Aldo Cerroni e Mauro Lombardo, i due avvocati fondatori del Polo Civico nel 2017. L’amalgama apparirebbe difficile se non impossibile. Resta infine Fratelli D’Italia, partitone accreditato appena sotto il 20%. Una percentuale che spaventa gli alleati più piccoli, che nei calcoli elettorali temono di finire cannibalizzati. Con un occhio a quanto avviene a livello nazionale e regionale, a quattro mesi dalle elezioni comunali, il quadro d’insieme è quantomai instabile e non si escludono colpi di scena.    

AUTORE: Elisabetta Aniballi

Blogger e Giornalista professionista. Nella sua trentennale carriera ha maturato esperienze prevalentemente nella carta stampata senza mai nascondere l'amore per la radio, si occupa inoltre di comunicazione politica e istituzionale.

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