Cave, per il Tar chiuderle è atto contrario al prevalente interesse pubblico. Ma è quello che ha fatto Barbet
GUIDONIA – Chiudere le cave tout court, con le verifiche congiunte Comune e Regione ancora in atto e le richieste di proroga non concluse nel loro iter autorizzatorio, è un errore macroscopico proprio in virtù di quel ripristino ambientale che l’amministrazione comunale deve perseguire quale unico obiettivo di rilevante interesse pubblico. Una considerazione logica, più volte fatta nei giorni della protesta tra i lavoratori, i sindacalisti e gli imprenditori del settore estrattivo chiamati al confronto, rispetto alla quale l’amministrazione 5Stelle, nelle sue figure maggiormente rappresentative, è però rimasta sorda e immobile.
Una linea di pensiero confermata, tra i criteri di valutazione del ricorso presentato dalla Società del travertino romano Spa, dagli stessi giudici amministrativi. In un passaggio cardine della ordinanza (leggi qui) con cui Tar il Lazio, il 10 ottobre scorso, ha dato ragione alla impresa dell’ex sindaco Filippo Lippiello, sospendendo gli effetti del provvedimento di revoca all’autorizzazione a cavare disposta a metà agosto dal Comune di Guidonia Montecelio. Poche ma di sostanziale rilevanza le righe a chiarimento: il ricorso, scrivono i giudici «presenta motivi di fondatezza» proprio perché «l’attività (di cava ndg) sia pure limitata al completamento del piano di coltivazione ed al recupero ambientale non si è conclusa, stante la presentazione di una nuova istanza di proroga»; quindi in virtù di questa condizione provvisoria, e proprio al fine di garantire il prevalente interesse pubblico dei ritombamenti (per legge a totale carico degli imprenditori al termine dell’attività di cava), la impresa deve rimanere aperta. E con assa, per effetto dell’indirizzo giurisprudenziale, un’altra decina di aziende nelle medesime condizioni. Destinatarie dal mese di febbraio di preavvisi di cessazione da parte del settore Ambiente del Comune.
Quella messa in atto dall’indirizzo politico, i 5Stelle al governo della città, sarebbe quindi per i giudici perfino ostativa del perseguimento degli obiettivi a tutela del rilevante interesse pubblico qual è l’ambiente cittadino. Un vero paradosso oltre che uno schiaffo all’amministrazione tutta.