GUIDONIA – C’è sempre un Rasputin all’ombra del sindaco a configurare azioni amministrative che, valutate sul piano politico, diventano «gli atti ostili» di Michel Barbet contro l’impresa estrattiva. In questo ultimo scorcio di 2019 la visione del Comune di Guidonia Montecelio non cambia rispetto al passato. Nonostante le bocciature del Tar (Tribunale amministrativo del Lazio) e la volontà, a parole, di superare le divergenze per il rilancio del distretto industriale. Nei fatti, i singoli progetti presentati dagli imprenditori alla Regione Lazio, per le norme vigenti predisposti a un’azione di risanamento ambientale, non bastano al palazzo governato dalle Stelle. Dove a perpetuare è la convinzione che la questione cave vada affrontata per settori territoriali d’intervento e non per singole concessioni. Quindi con una variante. Che superati i confini fisici di ogni singola attività autorizzata riveda l’assetto urbanistico dell’intera area estesa una quarantina di ettari. Passando per una procedura, la Conferenza dei servizi, che vincoli alla valutazione d’impatto ambientale (Via) il rilascio di rinnovi e/o nuove concessioni. Eccola la fissazione del Rasputin. Nel caso scoppiato in consiglio comunale venerdì scorso, i tratti ossessivi di questa visione superata anche dalla giustizia amministrativa ordinaria (il Tar), non sono sfuggiti agli osservatori. Quando si è appreso che la ricerca del cavillo a ogni costo aveva prodotto l’ennesimo ricorso al Capo dello Stato. Una procedura straordinaria, ora come in passato utilizzata dal sindaco, o chi per lui, contro un nuova concessione autorizzata dalla Regione Lazio a una impresa che ne faceva richiesta.

Tecnicamente, l’appiglio trovato è degno del miglior azzeccagarbugli: appena 600 metri – su 10 ettari – erroneamente ricompresi nella perimetrazione dell’area oggetto di richiesta di autorizzazione. Due particelle di terreno già interessate da altra concessione estrattiva hanno rappresentato l’errore materiale che poteva essere corretto con un tratto di penna senza diventare il pretesto per tirare in ballo (ancora) la giustizia amministrativa straordinaria. Una scelta che ha rigettato il comparto estrattivo nel girone infernale dei ricorsi che durano anni e annullano il lavoro delle aziende nella peculiare, quanto necessaria, programmazione dell’attività d’impresa. Lo schema dell’amministrazione 5STelle è insomma lo stesso del 2018: ogni procedura corretta per la Regione Lazio non lo è per il Comune. Che infatti ricorre contro le decisioni della Pisana chiamando in causa il Capo dello Stato. L’ente comunale, in uno scontro istituzionale anch’esso straordinario, impugna sistematicamente i singoli progetti, con metodo scientificamente finalizzato a dilatare i tempi di rilascio di rinnovi e concessioni. Quell’extra intollerabile per la sopravvivenza se sommato alle già definite lungaggini della normale burocrazia: in Regione una pratica impiega mediamente due anni prima di vedere concluso l’iter di approvazione.

Alla luce di queste risultanze, la risolutezza del sindaco (o di altro alla sua ombra) nel cercare cavilli viene percepita dagli imprenditori come la strumentale attività di mettere i bastoni tra le ruote anche quando i bastoni non sono che stuzzicadenti. Il sentire comune nella categoria è che l’ultimo atto di Barbet confermi la volontà dell’amministrazione, ormai tenacemente contraria all’industria estrattiva, di portare il settore al collasso. «La strategia è chiara – dice qualcuno a titolo di personale considerazione -: vuole farci cadere uno alla volta. Appena scade un rinnovo, una proroga o si presenta la pratica di una nuova cava che necessità di autorizzazione lui si oppone, sempre e comunque. Ci sarebbe una sola domanda a questo punto: se sei così determinato a farci chiudere tutti, a che servono i tavoli interistituzionali per il rilancio del distretto industriale del Travertino Romano? La presa in giro verso un settore che pesa il 5% del prodotto interno lordo regionale, rappresenta per la categoria, oltre il danno la beffa». Nello sfogo non c’è nessuna volontà di sottrarsi al confronto, ma l’amara considerazione che «con chi ti vuole morto cosa puoi trattare? Una morte più onorevole? Quando sei morto sei morto e basta».

In questo quadro di forte incertezza, i tavoli formali convocati da Barbet sul futuro delle attività estrattive con la Regione Lazio, l’amministrazione del Comune di Tivoli, rappresentanze delle imprese estrattive e sindacali e di Unindustria ripartono giovedì 5 dicembre. La convocazione per tutti è a Palazzo Guidoni salvo imprevisti.

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AUTORE: Elisabetta Aniballi

Blogger e Giornalista professionista. Nella sua trentennale carriera ha maturato esperienze prevalentemente nella carta stampata senza mai nascondere l'amore per la radio, si occupa inoltre di comunicazione politica e istituzionale.

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