TUTTO in un paio di giorni, gli ultimi. Così, mentre da un lato il colosso mondiale del cemento Buzzi Unicem ha annunciato (ieri) l’intenzione di usare il combustibile «CSS end of waste» ricavato dai rifiuti nello stabilimento di Guidonia Montecelio (ce ne sono altri disseminati in Italia e all’estero in cui se ne fa uso), dall’altro i due amministratori di Buzzi Unicem, Pietro e Michele Buzzi risultano tra i 18 indagati di una maxi-inchiesta (di cui si è avuta notizia nelle scorse ore) avviata dai carabinieri del Noe di Udine, sotto il coordinamento dalla Direzione distrettuale antimafia di Trieste. L’accusa a vario titolo è di traffico illegale di rifiuti e violazioni in materia ambientale, relative al ricevimento, nello stabilimento di Fanna (provincia di Pordenone) proprio del CSS (Combustibile solido secondario) destinato ai forni del cementificio. Secondo fonti giornalistiche (Alessandria Oggi) interessate ai fatti in relazione all’altro stabilimento Buzzi Unicem di Casale Monferrato, in Piemonte, le indagini principalmente riguardano la Bioman di Maniago (Pordenone), azienda da cui partivano rifiuti non adeguatamente trattati per finire anche fuori dalla Regione Friuli Venezia Giulia o addirittura all’estero (Austria, Ungheria, Slovenia). Circa 480.000 tonnellate sarebbe il carico interessato dall’ indagine nel periodo compreso tra il 2017 e il 2020. «Ciò che riguarda i due amministratori casalesi – scrive il quotidiano piemontese – è una presunta irregolarità nel prodotto consegnato allo stabilimento Buzzi Unicem di Fanna». I cui vertici , secondo le accuse, non avrebbero controllato la qualità del materiale consegnato dal produttore del CSS, prima di conferirlo nel cementificio. 

Usiamo il CSS anche a Guidonia

Nelle stesse ore in cui in Friuli Venezia Giulia prendeva forma l’inchiesta che già traccerebbe i contorni di un disastro ambientale, dallo stabilimento di Guidonia Montecelio, l’unico (forse) a fare ancora uso di combustibile fossile (carbone) per alimentare i forni, arrivava la notizia attraverso una nota stampa pubblicata sul sito dell’azienda. Eccola: «Lo Stabilimento Buzzi Unicem di Guidonia, in riferimento alla possibilità di impiego di combustibile alternativo, idoneo a ridurre significativamente le emissioni di anidride carbonica (CO2) derivanti dalla combustione, fino a dimezzarle, comunica di aver avviato una interlocuzione con la Regione Lazio, quale ente competente, per verificare la possibilità di modificare l’attuale assetto autorizzativo dell’impianto. Il Comune è stato regolarmente informato di tale interesse. Nello specifico, l’Azienda intende valutare in futuro l’utilizzo di tale combustibile, nella forma di “CSS end of waste”, quale prodotto di elevata qualità, costantemente controllato e ideale per fornire il calore necessario al ciclo produttivo del cemento. L’uso dei combustibili contenenti biomassa, in sostituzione di quelli fossili, è riconosciuto in ambito industriale ed energetico come una delle leve necessarie per centrare gli obiettivi di decarbonizzazione fissati dall’Europa e dall’Italia. È una pratica in essere da molti anni in svariati impianti del gruppo, in Italia e all’estero, con esiti positivi sia sul piano ambientale, alla luce di dati sistematicamente verificati dagli enti di controllo preposti, sia sul piano della sostenibilità economica e sociale. Molteplici studi scientifici di terze parti avvalorano tali risultati. Così come avvenuto in questi anni, nei confronti di tutti i propri portatori di interesse, Buzzi Unicem è pienamente disponibile a confrontarsi e illustrare a chiunque fosse interessato il ciclo produttivo del cemento, l’impiego dei differenti combustibili e le opportunità connesse con tali pratiche».

Il precedente nell’anno 2010

Dodici anni fa la Buzzi Unicem aveva inoltrato alla ex Provincia di Roma, all’epoca Ente investito della competenza, una richiesta di revisione della valutazione di impatto ambientale, con la possibilità di utilizzo di materiali alternativi al combustibile fossile per l’alimentazione degli altiforni. Una richiesta che venne sottoposta alla procedura della conferenza dei servizi, finendo però con un nulla di fatto per l’assenza, in quel momento, di leggi efficaci a supporto e per la contrarietà dell’amministrazione comunale di Guidonia Montecelio. Era il 2010 e le carenze normative, sia in ambito europeo che nazionale, non consentivano di intraprendere una diversa direzione agli Enti chiamati ad esercitare le proprie prerogative. Pericolo scampato, per poco. Perché nel 2013, l’entrata in vigore del decreto Clini, cambiava gli scenari. La legislazione italiana recepiva le direttive europee 2008/98 mettendosi al passo degli altri paesi dell’Unione. Sdoganando definitivamente l’uso di nuovi materiali combustibili provenienti dal trattamento dei rifiuti. Da allora, la Buzzi Unicem, ne ha fatto una pratica negli impianti di Pordenone, di Casale Monferrato, in ultimo di Vernasca, provincia di Piacenza. Lì, due anni fa, ha inoltrato presso la Regione Emilia Romagna una richiesta di modifica sostanziale della procedura di valutazione di impatto ambientale, chiedendo il rilascio di una nuova Aia (Autorizzazione di impatto ambientale) per l’utilizzo di CSS. Le popolazioni residenti non sono state a guardare e, come spesso capita, in 180 cittadini si sono opposti sottoscrivendo un ricorso al Tar che annullasse gli atti favorevoli licenziati dalla Regione Emilia Romagna. La causa è stata discussa in sede di Tribunale amministrativo del Lazio perché investiva l’Avvocatura Generale dello Stato e il ministero dell’Ambiente, la Soprintendenza d’area, gli Enti che con la Regione Emilia Romagna avevano, tra gli altri, contribuito alla formazione del procedimento amministrativo autorizzatorio. Nella sentenza del 17 gennaio 2021 (ECCOLA Sentenza Buzzi) il collegio rigettava le istanze delle popolazioni, riconoscendo la legittimità di legge della richiesta. In sostanza, il Tar della Regione guidata da Nicola Zingaretti, dava ragione all’azienda, respingendo il ricorso contro l’utilizzo nell’impianto di Vernasca del CarboNext, un combustibile solido secondario, composto da rifiuti solidi urbani e industriali/commerciali. Nella sua decisione il tribunale sottolineava due aspetti chiave, il primo dei quali è dato dalla piena validità del decreto Clini del 2013 che autorizzava all’utilizzo del CSS in linea con le regole europee. ll secondo aspetto è relativo al beneficio ambientale legato all’utilizzo di combustibile alternativo ottenuto dai rifiuti in sostituzione dei combustibili fossili. Proprio perché, il maggior utilizzo di combustibili alternativi rientra tra le strategie identificate dall’Europa per abbattere le emissioni di Co2 e raggiungere gli obiettivi dell’economia circolare. Una sentenza che crea un precedente e peserà sulle valutazioni che la Regione Lazio sarà chiamata a fornire nella prossima conferenza dei servizi autorizzatoria. Intanto, l’attuale amministrazione di Guidonia Montecelio, targata Pd e M5S, parla per bocca del sindaco Michel Barbet e si dice contraria ad ogni utilizzo di CSS nei forni dello stabilimento di via di Sant’Angelo Romano. 

Il «no» di Michel Barbet 

«Sono venuto a sapere che la Buzzi Unicem ha richiesto alla Regione Lazio la possibilità di bruciare CSS, cioè un combustibile che si ricava dal trattamento dei rifiuti, nei propri forni nel cementificio che si trova qui, a pochi passi dal centro della città. Credo sia un fatto molto grave e che non può che vedermi preoccupatissimo e contrario a tale ipotesi. Siamo abituati a difendere il nostro territorio dagli attacchi e continueremo a farlo, come dimostrano le nostre azioni concrete e che si stanno rivelando decisive contro l’apertura del TMB e per la bonifica dell’Inviolata. Concedere l’autorizzazione non è una competenza del comune, in quanto gli imprenditori devono fare richiesta alla Regione che è l’unico ente che può dare o meno questa possibilità- prosegue Barbet – già questa mattina ci siamo fatti sentire con gli uffici regionali ed in particolare con l’assessore alla Transizione Ecologica Roberta Lombardi per manifestare la ferma contrarietà della Città ad una prospettiva che riteniamo potenzialmente dannosa per l’ambiente. Crediamo fermamente che chiudere il ciclo dei rifiuti con l’incenerimento è dannoso e sbagliato e chiedere una cosa del genere ad una città come Guidonia Montecelio che, con il suo 70% di raccolta differenziata sta facendo moltissimo per limitare l’utilizzo degli inceneritori, è decisamente inaccettabile».

AUTORE: Elisabetta Aniballi

Blogger e Giornalista professionista. Nella sua trentennale carriera ha maturato esperienze prevalentemente nella carta stampata senza mai nascondere l'amore per la radio, si occupa inoltre di comunicazione politica e istituzionale.

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