Gara d’appalto deserta, per smaltire l’umido il dirigente opta ancora per la “migliore offerta” di Tekneko: costi lievitati (dal 2017 + 7%) e aumento della Tari, ecco perché sulla munnezza i conti non tornano mai
GUIDONIA – Rien ne va plus, le scommesse sono aperte. La domanda che passa da un orecchio all’altro, nei corridoi di palazzo, è se Paola Piseddu, l’attuale dirigente all’Ambiente, firmerà il contratto con la Tekneko di Umberto Di Carlo sulla base di un appalto per lo smaltimento dell’umido, affidato dall’Ente (ancora) in via discrezionale, nel richiamo di modalità antiche che, dal 2012, hanno portato parecchi guai giudiziari a più di qualcuno.
In questa storia che ha dell’incredibile è meglio partire dalla fine. Dall’ultima di alcune gare ad evidenza pubblica. L’ennesima non andata a buon fine e aperta dalla Città metropolitana di Roma nel 2017, obiettivo: trovare una azienda per lo smaltimento della frazione umida del rifiuto domestico. Un servizio rimasto inspiegabilmente escluso nel 2014 dall’appalto quinquennale (per 54 milioni di euro) relativo alla raccolta differenziata. Una gara bandita dall’amministrazione comunale e assegnata nel 2015 proprio a Tekneko. Perché lo smaltimento dell’umido non è rientrato in quel capitolato? Per fare comprendere la portata della cosa è come se un cittadino qualunque chiamasse una ditta per farsi costruire una casa (fissando un importo X) ma chiedendo all’appaltatore di lasciare il tetto fuori dai lavori. Un mistero di cui si occupa la magistratura che, nel 2016, ha mandato la ex giunta municipale a processo per avere votato, nel 2012, un atto di indirizzo che “invitava” il dirigente di allora Giovanna Recchia, ad affidare a Eco Consul Srl “nelle more dell’espletamento della gara ad evidenza europea” un appalto (di fatto) a “licitazione privata”. Un pastrocchio (per l’epoca) che nella attualità, però, ha subìto una evoluzione: l’approvazione del decreto legislativo 50 del 2016 che ha rivoluzionato il mondo degli appalti pubblici; per cui ciò che era vietato e “sospetto” sette anni fa oggi è normato dall’articolo 63 e quindi perfettamente lecito. Il ché vuol dire che l’amministrazione guidoniana di Michel Barbet, a seguito dell’ultima gara andata deserta (o comunque risultata inefficace ai fini dell’aggiudicazione, era il 5 dicembre 2017) poteva e doveva ricorrere alla “migliore offerta” secondo i termini della cosiddetta “procedura negoziata”. Funziona così: il dirigente chiama qualche impresa e apre un’asta per poi scegliere la tariffa ritenuta più congrua; riprende i parametri della gara andata deserta, non deve nemmeno ripubblicare il bando, la scelta resta condizionata da elevati livelli di discrezionalità ma tant’è, ora lo legge lo prevede.
L’umido a Guidonia “puzza” da 7 anni
Con la determina del 21 marzo 2012 Recchia prendeva atto che la gara a rilevanza comunitaria, bandita dal comune di Guidonia Montecelio l’anno precedente, era “andata deserta” e che si rendeva necessaria una procedura semplificata per l’affidamento in via temporanea di un servizio ritenuto “essenziale”. È a quel punto che interveniva la Giunta a dare l’indirizzo, il resto è cronaca giudiziaria. L’amministrazione comunale tuttavia ci riprova nel febbraio del 2017 a istruire una nuova procedura, il dirigente di settore Gerardo Argentino, in piena epoca commissariale, affida la gestione della gara alla Città Metropolitana di Roma quale stazione unica appaltante. La proroga (l’ennesima) ad Eco Consul si rende tuttavia ancora necessaria, nonostante l’attenzione della Procura per i fatti del 2012, così il dirigente determina che “è indispensabile formalizzare l’avvio del procedimento per l’indizione della gara”, e che “nelle more” è urgente affidare per i mesi di marzo e aprile il servizio a Econsul al prezzo di 135 euro a tonnellata iva inclusa. Contemporaneamente, come “suggerito” dalla Citta Metropolitana nel timore che la gara vada deserta, Argentino avvia una indagine di mercato alla ricerca di una ditta che presenti “la migliore offerta”. Detto e fatto. Espletate le formalità d’ufficio, il dirigente “sceglie” Tekneko già aggiudicataria dell’appalto sulla raccolta differenziata. I termini dell’accordo sono chiari e messi nero su bianco: la società avezzanese smaltirà per i mesi successivi (e fino a dicembre del 2017) a 130 euro a tonnellata iva esclusa.
Senza contratto, presumibilmente, i relativi costi sostenuti dall’azienda in quel periodo sono stati oggetto della famosa transazione portata a buon fine poco prima di Natale dall’assessore pentastellato Tiziana Guida. In ballo, in quel momento, c’era però anche l’affidamento diretto deciso dal nuovo (e transitorio) dirigente Marco Simoncini, visto che era di quei giorni la evidenza che l’ennesima gara fosse andata deserta. Per Tekneko si trattava pur sempre di aggiudicarsi in via semplificata un appalto della durata di 30 mesi + 6, per un ammontare complessivo di 3,5 milioni di euro iva esclusa. Una “non gara” a “trattativa privata”, certamente non assegnata nell’ambito di una valutazione comparativa (secondo i metodi tradizionali), ma grazie al ricorso a una “procedura negoziata”, decisa da Marco Simoncini il 21 dicembre del 2017, in piena amministrazione del duo Barbet-Guida. Il risultato finale è poi oltremodo strabiliante: la contrattazione diretta con il contraente invece di portare benefici economici ha fatto lievitare i costi: oggi l’amministrazione paga 139 euro a tonnellata (al netto di iva) a fronte dei 130 che pagava un anno fa. Stesso servizio, medesima azienda avezzanese.