Guidonia – I voti regionali che aprono le falle dell’amministrazione rosso-civica
GUIDONIA – Il quadro elettorale si è ormai composto, i numeri usciti dalle urne regionali non sono suscettibili di modifiche, è arrivato dunque il momento di analizzare con realismo oggettivo i risultati della terza città del Lazio, la quale direttamente e dopo decenni (l’ultima fu – forse – Anna Rosa Cavallo quando esisteva ancora il Pci) torna ad eleggere un proprio rappresentante al consiglio regionale. Si tratta di Marco Bertucci, mister preferenze. Con la lista di Fratelli d’Italia conta oggi 19.303 voti personali. Merito dei 121 comuni della provincia, nessuno escluso. Ha preso 50 preferenze perfino nella rossa Monterotondo, la città che se avesse gareggiato da sola avrebbe eletto Alessio D’amato e regalato al Partito democratico il primato assoluto.
Anche la Capitale ha dato un apporto decisivo all’elezione di Bertucci. Alla fine sono state 7.588 le preferenze uscite dalle urne romane, grazie al contributo degli amici di partito e personali, dei consulenti del lavoro, categoria professionale di appartenenza. Insomma, un successo indiscusso per il 50enne ex consigliere comunale, già presidente del consiglio fino al 2015, tornato sulla scena politica dopo una pausa lunga 8 anni per prendersi un posto alla Regione Lazio. Complessivamente, nella sola provincia, Bertucci somma oltre 11.500 preferenze, cercate nei comuni medi e grandi del litorale (e non solo) dove raramente è finito sotto quota 500: a Civitavecchia più di 1000 a Tivoli addirittura sopra 500. Anche i piccoli centri, omogeneamente, hanno contribuito al risultato finale. Nella sua città, invece, le cose potevano andare meglio. Guidonia Montecelio, 66.751 iscritti nelle liste elettorali di cui solo 23.598 sono andati a votare, ha portato al candidato di territorio solo 1791 preferenze. Praticamente quelle del 2014, quando Marco Bertucci corse per il consiglio comunale risultando il più votato in assoluto. Perché questa volta non è riuscito a fare meglio, non tutti quelli che dovevano lo hanno portato?. Certamente la colpa non è dell’astensionismo. Nella vicina Fonte Nuova, le stesse percentuali di voti espressi (circa il 35%), a urne chiuse hanno consentito all’altra candidata di Fratelli d’Italia, Micol Grasselli, di contare oltre 2.700 preferenze. Cosa non ha funzionato?. Le cause potrebbero essere ricercate non tanto nel risultato di Fratelli d’Italia – che centra un 39.9%, l’equivalente di 8.182 voti validi, trascinando la coalizione di Cdx al 60.54% – quanto nelle aspettative riposte nella lista civica «Il Biplano», cassaforte di oltre 3000 voti per la destra. Che fine hanno fatto?.
«Il Biplano», a giugno dell’anno scorso, risultò determinante per l’elezione a sindaco civico di Mauro Lombardo, uomo d’area di destra vicino al ministro Francesco Lollobrigida di Fratelli d’Italia. Quei 3000 voti (tanti) confluiti su Lombardo e messi in cassaforte, avrebbero dovuto tornare al candidato Marco Bertucci, secondo l’esistenza di un accordo mai smentito e anzi confermato alla vigilia delle elezioni regionali. Cosa è successo?. Adalberto Bertucci, capogruppo di Fd’I al consiglio comunale di Guidonia Montecelio e padre di Marco, non fa mistero di voler entrare in maggioranza e nell’amministrazione Lombardo, in larga parte governata, però, dal Partito democratico in una condizione di assoluta incompatibilità con Fratelli d’Italia. Non passa sessione in aula in cui il capogruppo non ricordi che il matrimonio tra Lombardo e i fratelli d’Italia s’ha da fare. Cacciando il Pd. Tutte le volte, in una evidente prova di forza a due, il sindaco imbarazzato è costretto a difendere l’alleanza civico-democratica frutto di una intesa innaturale dell’ultimo minuto, arrivata prima del turno di ballottaggio. La gag si ripete da mesi con Bertucci senior per niente intenzionato a mollare la presa. La necessità di Lombardo di non rafforzare troppo localmente la famiglia Bertucci nel voto regionale, al fine di mantenere al momento stabili gli equilibri (e preservare il feeling con il Pd) è ipotesi che alberga nella mente dei maligni osservatori. D’altro canto, la nave rosso-civica che da otto mesi governa il Palazzo, comincia ad imbarcare acqua, e per il sindaco è sempre più difficile gettare fuori le secchiate per tenerla a galla. Si poteva aggiungere altra acqua all’acqua?.
Tutti i fronti di fibrillazione
I consiglieri e assessori sì civici ma centristi un po’ più spostati a sinistra, dietro suggerimento di Aldo Cerroni (l’inventore del civismo cittadino) si sono uniti nel segno di Marietta Tidei. Della cui elezione alla Pisana con la lista Italia Viva-Calenda pensano, adesso, di prendersi (in quota parte) il merito. Il quale dovrebbe tradursi nel riuscire a mantenere inalterati i propri pesi attuali nell’amministrazione Lombardo, quando è più di una voce il rimpasto imminente della giunta. Traduzione per i poco esperti del manuale cencelli: il gruppone formatosi dopo il voto comunale, esprime oggi il vicesindaco con delega all’ambiente Paola De Dominicis (ex Pd); gli assessori a Cultura e Servizi sociali, rispettivamente Michela Pauselli e Cristina Rossi (entrambe ex Pd). In aula conta su quattro/cinque consiglieri: Mauro De Santis («Guidonia Montecelio Domani», presidente della commissione urbanistica); Mirko Sotorino (ex Pd); Francesca Valeri («Guidonia Montecelio Domani»); Rocco Cisano (ex Pd); Erik D’Alisa (L’Onda): presidente del consiglio comunale (che però non avrebbe sostenuto Tidei). Insieme, si sono ritrovati sotto l’ombrello di Renzi e Calenda, terzopolisti a sostegno della Tidei. Per la quale ostentano di essersi spesi senza freno in campagna elettorale, contribuendo complessivamente con 763 preferenze. In sostanza, poco più di 90 voti a testa, dei 1.156 di lista pari al 5.5%. Non proprio un esercito ben armato di portatori di consenso. E se il metodo della pesatura elettorale, di così grande attualità non solo nella terza città del Lazio, dovesse essere applicato nella circostanza di un rimpasto di giunta (dato per ineludibile già nel breve periodo), il gruppone che ha fatto il pieno di cariche e di incarichi (da sommare c’è anche il posto di dirigente per Aldo Cerroni) dovrebbe mollare qualche presa, causa: il sovradimensionamento originario. A quel punto, se così dovessero andare le cose, non ci sarebbe Marietta Tidei a tenere. Eletta con 9.556 preferenze, di cui le 763 guidoniane a rappresentare una goccia nel mare: tutt’altro che decisive.
Ma altre fibrillazioni per Lombardo sarebbero crescenti sul fronte di «Città Nuova». Lista-gruppo dei consiglieri comunali Arianna Cacioni, Michele Venturiello e Andrea Mazza. Alle Regionali le loro strade si sono divise. Arianna Cacioni, sostenuta da Venturiello, si è candidata con la lista di Forza Italia in ticket con Giorgio Simeoni. Il quale, al termine di uno spoglio al cardiopalma, ha prevalso con uno scarto di 359 voti sul primo dei non eletti: l’uscente Enrico Cavallari. Determinanti sono state le 391 preferenze personali raccolte da Simeoni a Guidonia Montecelio grazie all’accoppiata elettorale. Una circostanza che rilancia le ambizioni del gruppo locale di pesare di più negli equilibri dell’amministrazione. Da tempo la Cacioni chiede a Lombardo un cambio di passo della giunta, quegli aggiustamenti che andrebbero ad incidere sulla qualità della gestione. La coppia Venturiello-Cacioni direttamente non esprime nessun assessore nell’esecutivo. I risultati lusinghieri ottenuti alle elezioni regionali potrebbero costituire la formula per chiedere e ottenere una revisione degli assetti. Anche in vista di un allargamento della maggioranza a Fratelli d’Italia così a cuore ad Adalberto Bertucci. Ma un riposizionamento a crescere del potere potrebbe interessare anche Andrea Mazza, il civico leghista che ha appena eletto Laura Cartaginese e Pino Cangemi alla Pisana con 899 preferenze sulla prima. Da solo regge l’assessore all’Urbanistica Anna Mari, già nell’entourage più stretto di Cartaginese. Una situazione paradossale che crea continue tensioni nel Carroccio cittadino, formalmente all’opposizione dell’amministrazione Lombardo con il consigliere comunale Alessandro Messa. Un paradosso che non consente di immaginare, in caso di allargamento della maggioranza al Cdx, la Lega dove potrebbe collocarsi.
Il Pd a difesa del fortino
A chiunque nel centrodestra, come Adalberto Bertucci, avesse intenzione di appendere il cappello sull’amministrazione lombardo un fatto deve essere certo: non sarà facile ricacciare il Pd all’opposizione. Uno dei quattro consiglieri comunali, Emanuele Di Silvio, annusando il pericolo, l’ha detto a chiare lettere in aula nel corso dell’ultima assemblea. Buttando le mani avanti ha perfino opzionato il futuro. «Sarò al fianco di Lombardo, personalmente e con il Partito democratico, anche tra 4 anni e mezzo». Quando si rivoterà per eleggere il sindaco. A buon intenditor, poche parole. Anche se l’indebolimento derivante dalla perdita della Regione Lazio, farebbe del Partito democratico una facile preda da rispedire in minoranza, dove del resto si era collocato da solo risultando sconfitto già al primo turno delle Comunali. Poi, le alchimie della politica che allontanano dal voto migliaia di elettori incapaci di comprenderle, hanno portato i consiglieri eletti Emanuele Di Silvio, Rossella Nuzzo, Mario Lomuscio e Simone Guglielmo in maggioranza e direttamente dentro la giunta con Alberto Cuccuru, il candidato sindaco sconfitto. Ora, proprio la poltrona di Cuccuru potrebbe tornare appetibile. In un eventuale rimpasto. Inoltre, nessuno dei candidati di riferimento alle elezioni regionali ha brillato per risultato nella terza città del Lazio. Poche le preferenze per i big candidati sono arrivate dai consiglieri portatori di consenso, nessuno è finito sopra quota mille voti. Altro segnale di debolezza. Il quadro politico nella terza città del Lazio è dunque in aggiornamento: alle prossime puntate.