GUIDONIA – In cauda venenum, il veleno sta nella coda dell’amministrazione grillina sul punto di ultimare gli scatoloni, e della Tre Esse Italia, l’agente della riscossione dei tributi, le cui sorti sarebbero segnate dalla legge: la seconda proroga contrattuale è in scadenza (a fine giugno) e, almeno in teoria, la società dovrebbe sloggiare dagli uffici di via Lunardi. Il condizionale, però, è d’obbligo. Perché, il nuovo sindaco eletto domenica 26 giugno si ritroverà subito a gestire il dossier bollente della riscossione senza più il riscossore. Ma anche senza la capacità di riuscire a svolgere il servizio in house, secondo l’indirizzo sull’internalizzazione impresso dai grillini a dicembre e realisticamente naufragato nelle contraddizioni di una gestione schizofrenica. Soluzione? L’unica strada percorribile, dopo il 27 giugno, sembrerebbe essere quella di una nuova gara, con l’aggiunta – nelle more della procedura – dell’ennesima proroga (la terza) concessa con profili di illegittimità per altri sei mesi alla Tre Esse Italia. Che intanto, sul punto di accomiatarsi, ha inferto la sciabolata finale (il veleno sta nella coda), inviando avvisi di accertamento esecutivi per (almeno) 14 milioni di euro all’indirizzo delle imprese estrattive del Distretto Industriale del Travertino Romano.

Gli avvisi relativi all’omesso/parziale versamento dell’Imu (Imposta municipale unica), gravati di interessi di mora e sanzioni, riguardano il triennio 2019/21. Un gruzzoletto su cui l’agente della riscossione è pronto a riscuotere un aggio di 4 milioni dal Comune di Guidonia Montecelio. Una situazione (dalla parte delle imprese), emersa in tutta la sua gravità ieri (venerdì 17 giugno) nel corso di una conferenza stampa convocata d’urgenza dal Cvtr (Centro per la Valorizzazione del Travertino Romano), il consorzio che raggruppa le aziende estrattive. Filippo Lippiello, il presidente del Cvtr, parla di colpo di grazia inferto alle aziende già alle prese con una congiuntura economica recessiva, data dai due anni di pandemia e dalla guerra, le cui conseguenze sono scritte nei costi dell’energia elettrica schizzati alle stelle. «Un attentato contro le tasche dei cittadini contribuenti – spiega – che arriva in un momento di capacità ridotta dell’amministrazione comunale»: quella dei 5Stelle sul punto di salutare e lasciare spazio, tra poco più di dieci giorni, alla subentrante.

Gli imprenditori contestano principalmente la decisione di accorpare tre annualità – «per molte aziende sarà la fine, dovranno chiudere» – e gli importi esorbitanti richiesti, frutto ancora una volta di un calcolo sbagliato. Nonostante la consolidata giurisprudenza della Cassazione, il Comune e per esso la Tre Esse continua infatti ad applicare una aliquota Imu gonfiata del doppio: 54,75 euro a metro quadro invece dei 24 euro (circa) indicati come congrui non solo dalle sentenze ma dall’architetto/perito Roberto Marongiu, l’esperto chiamato nel 2021 dall’amministrazione stellata a rifare la stima (per aree omogenee) delle zone industriali, terreni ed edifici fabbricabili ai fini del calcolo dell’Imu.

Una controversia decennale che ha generato un contenzioso di 30 milioni (circa) di euro tra l’agente della riscossione e le imprese estrattive, passato per le commissioni tributarie provinciale e regionale e arrivato in Cassazione. I cui verdetti sono stati pressoché univoci: l’aliquota monstre applicata alle attività di cava è sbagliata e va rivista. Solo che, i grillini della giunta di Michel Barbet, si sono più volte contraddetti, ricorrendo ad indirizzi configgenti tra loro. Prima hanno deciso di procedere con una stima più attuale del valore venale delle aree estrattive affidando a Marongiu la perizia poi, per oltre un anno, non sono stati in grado di applicare i nuovi parametri adottando un atto formale dell’amministrazione che avrebbe evitato, almeno per il biennio 2020/2021, l’aumento del contenzioso tributario. Alla cui origine (ormai storica), ci sono due distinte delibere, una di giunta e l’altra di consiglio comunale, che negli anni 2007/2008 fissavano valori venali diversi delle aree estrattive per m/q. Uno troppo basso (poco più di 7 euro) l’altro decisamente fuori mercato (i 54,75 euro), che la Cassazione ha più volte ridimensionato della metà ma che la Tre Esse continua ad applicare pedissequamente pro domo sua.

L’invio degli ultimi accertamenti fiscali è avvenuto, tra l’altro, senza l’apparente coinvolgimento della giunta. Ossia, l’assessore delegato alle Cave Elisa Strani, intervenendo in conferenza stampa, ha sostenuto di essere all’oscuro delle decisioni assunte da Tre Esse, in accordo con il dirigente alle Finanze Nicolò Roccolino, di richiedere alle imprese fino e tre annualità insieme. Non è tutto: nella settimana post elettorale che registra la cocente sconfitta dei 5Stelle e con essa l’uscita di scena (almeno sulla carta) della Tre Esse, secondo quanto appreso da chi scrive, sarebbero altre migliaia di migliaia i contribuenti raggiunti da avvisi di accertamento esecutivi, ingiunzioni fiscali, atti esecutivi cautelari: il numero è spaventoso. Circa 55.955 atti di riscossione inviati per un importo totale di €. 57.881.191,58. Una storia tutta da raccontare in una inchiesta di prossima pubblicazione.

«Chi ci guadagna da tutto questo?» è la domanda retorica posta ai giornalisti da Vincenzo De Gennaro, titolare della Degemar Cave Srl, durante la conferenza stampa. Si è dato la risposta l’imprenditore: sicuramente non ci guadagnano i cittadini né Guidonia. Gli avvisi esecutivi arrivano adesso perché in questo modo la Tre Esse si assicura i 4 milioni di euro di aggio, calcolato non sui tributi riscossi ma sulle entrate tributarie accertate, quindi presunte. La società, insomma, guadagna tanto inviando le cartelle poco prima dell’addio. Avvisi di accertamento esecutivi su cui applica sanzioni del 30% e interessi di mora del 3% – «un tasso usuraio» – a tutto vantaggio di se stessa.

Ricapitolando, la Tre Esse dovrebbe uscire dal Comune dopo 20 anni in cui, senza soluzione di continuità, si è ri-aggiudicata l’appalto di servizio. Ora, l’ultima proroga contrattuale (tecnicamente già di dubbia legittimità), esaurisce gli effetti di legge a fine giugno.

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L’amministrazione grillina non ha provveduto a bandire una nuova gara con l’intenzione, impressa in un atto di indirizzo politico, di riportare la riscossione in capo agli uffici comunali, dove, però, le criticità legate al numero esiguo di dipendenti e alla formazione del personale non sembrano superate. Così, mentre gli imprenditori annunciano di voler ricorrere alla commissione tributaria (ricominciando l’iter destinato a protrarsi fino alla Cassazione dove dimostrare ancora una volta che l’aliquota applicata è sbagliata), sul fronte della riscossione a Palazzo Guidoni il caos è dietro l’angolo. Il principale disastro grillino. 

AUTORE: Elisabetta Aniballi

Blogger e Giornalista professionista. Nella sua trentennale carriera ha maturato esperienze prevalentemente nella carta stampata senza mai nascondere l'amore per la radio, si occupa inoltre di comunicazione politica e istituzionale.

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