“Contaballe” o paladino della legalità? De Vincenzi era spaventato dalla “talpa” in procura. Anatomia di una “spy-story” (e della corruzione) secondo l’ex consigliere dem
GUIDONIA MONTECELIO – “Sparaballe” consiliare o paladino della legalita? Quel che appare attendibile, almeno per la procura di Tivoli, è che Domenico De Vincenzi avesse davvero timore per le ripercussioni che certe denunce fatte a microfono acceso avrebbero prodotto sulla sua attività politico amministrativa. Tiburno in edicola stamattina, nel servizio dettagliato, racconta come l’ex consigliere dem, chiamato dai magistrati il 21 luglio del 2015 – a che titolo non è chiaro – all’indomani dell’arresto del sindaco Eligio Rubeis, dichiarò fuori verbale della sua paura per la presenza di una talpa, della cui esistenza era a conoscenza. Qualcuno che dall’interno del palazzo (dove la giustizia investigativa fa le pulci a politici e dirigenti pubblici) riferiva all’esterno (presumibilmente ai diretti, potenziali personaggi oggetto di indagini) fatti e circostanze coperti da segreto istruttorio. Un fatto gravissimo (assimilando la chiosa devincenziana di qualche anno fa) anche in città che si trovano dalle parti di Caserta.
Quel che non si capisce da questa attività attenzionatoria delle toghe inquirenti, è se la spia, o talpa, informasse singoli o apparati di potere. Comunque sia, riporta ancora Tiburno nell’ottimo servizio di Marcello Santarelli, la prova provata della esistenza della talpa sarebbe il rinvenimento – nella casa di uno degli arrestati nell’ambito della Operazione Ragnatela – di un verbale contenente le dichiarazioni rilasciate ai magistrati (in fase istruttoria) da un altro degli arrestati nell’ambito della medesima operazione. Da un professionista che lucrava (andrà provato) su alcune presunte prestazioni poi rivelatesi fantasma. Copia della sua “chiacchierata” con gli inquirenti sarebbe stata rinvenuta, nel corso di una perquisizione, nella abitazione di Michele Maccaroni, il 49enne definito dalla procura “Polpo” o “Mente criminale” nei fattacci che lo scorso 20 aprile hanno portato a Rebibbia 15 persone. Ed è qui che la questione assume i contorni del giallo o dall’affaire. Destando domande. La talpa era solita operare a beneficio di chi e, soprattutto, da quanto tempo? De Vincenzi ha fornito agli inquirenti eventuali delucidazioni in merito ad altri fatti di sua conoscenza? Le cronache, negli anni, hanno abituato a pesare il Potere dei Segreti raccontati (anche) in un bel saggio a firma di Marco Lillo, e quindi: il soggetto-talpa, per De Vincenzi che ne temeva gli effetti, era al soldo (lo faceva in cambio di ricompense in denaro o cos’altro?) di singoli, o di cricche di potere pubblico? Lo ha spiegato ai magistrati in una versione dettagliata e credibile? Il filone della spy-story appassiona.
Ripercorrendo le sedute del consiglio comunale (in prossimità di quel 21 luglio) si può comunque tentare di leggere verità tra le righe, col senno del poi cercare di quadrare il cerchio. Nella seduta del 24 giugno del 2015 ad esempio, De Vincenzi appare in effetti particolarmente rabbioso (spaventato?) e le spara grosse. Gravissime sotto il profilo non solo della dialettica. Nella circostanza il dem parlò di “sindaco bugiardo”, di “condoni edilizi illegittimi fatti in uno stabile privato”, di “appalti truccati, assunzioni clientelari, favori agli imprenditori”; aggiungendo che “a Guidonia non si muove foglia che Rubeis non voglia”, facendo riferimenti evidenti alla commistione tra politica e dirigenti. Come in un crescendo da ouverture, nel silenzio dell’aula, il de Vincenzi entrava quindi più a fondo nelle vicende fin lì evocate, tirando in ballo il dirigente alle Finanze (Gilberto Pucci) che con un colpo di penna avrebbe regalato 600mila euro alla società dei rifiuti Aimeri; alludendo (ancora) a un sistema di corruttele con annessa rete di ricatti tra politica e la stessa dirigenza. Esortando l’attenzione comune alla riflessione – sono sue parole – circa il fatto che “chiunque abbia messo le mani sulla discarica, tecnici, direttori lavori, collaudatori, dirigenti, sia finito in galera” e ponendo all’aula la fatidica domanda: “Vi siete mai chiesti perché”? “Vi chiedete se sia il caso di andare avanti con quell’impianto (del Tmb ndr)?” . Quindi il finale: “Rubeis deve spiegare che fa dalla mattina alla sera, lo deve dire lui che fa”. Era spaventato De Vincenzi nelle sue denunce? L’intervento è tutt’ora visionabile nel portale istituzionale www.guidonia.org alla voce consiglio in streaming, chiunque può farsi una opinione.
Quella seduta arrivava al culmine di una settimana nella quale il sindaco si era sospeso per tre mesi (su input dell’Anticorruzione) per vicende note che riguardano (anche) l’imprenditore Bartolomeo Terranova, uno che a Guidonia rappresentava (e rappresenta) di per sé equilibri bipartisan. Quel giorno in consiglio si discuteva di rotazione dei dirigenti e funzionari, ancora della sospensione di Umberto Ferrucci, circostanze “traumatiche” per chi conosce l’andazzo nel palazzo e della piazza. Inoltre si votava la variante al tracciato della ferrovia di superficie, con conseguente realizzazione del passante di via Moris, una scelta che indubbiamente finiva per avvantaggiare i proprietari dei terreni agricoli, lasciati in quel modo liberi dalla realizzazione dell’opera. Terreni in prospettiva già edificabili, oggetto di futura Variante, perché i proprietari erano in possesso di permesso a costruire già rilasciato. L’area è quella di 2.500 metri quadri, progettata con pompa di benzina e albergo da 25 camere, più spazi commerciali e di edilizia privata, messa in vendita su Porta Portese ad aprile del 2015. Quel che sarebbe accaduto dopo è storia della città.