LA LOMBATA di vitello, l’antipasto o il primo piatto, l’ottimo vino in bottiglia, Satrico o Montepluciano d’Abruzzo a seconda delle pietanze, caffè e grappa, tutto rigorosamente pagato con i nostri soldi guadagnati lavorando. Si mangiava e beveva, si chiacchierava, ci si confrontava, non solo ai 2 Lupi, il noto ristorante di via di Sant’Angelo Romano, ma alle Quattro Vigne, all’Amadeus, tutti ristoranti di Guidonia Montecelio dove in quegli anni l’economia girava più di oggi dove la giunta 5Stelle di Michel Barbet, tutte le settimane, se ne va pranzo da Campanellu a Marcellina per sfuggire le chiacchiere morbose di una città provinciale, dove i vizi privati è meglio lasciarli distinti dalle pubbliche virtù, strappandole al circuito infinito del sentito dire che poco alla volta diventa una realtà parallela.

Con i propri soldi ognuno fa quel che vuole e quando vuole, è quel che ho fatto e comunque non è questo il punto. Scrivo invece perché sollecitata da un doppio servizio di Marcello Santarelli comparso stamattina sul settimanale Il Tiburno. Il fatto in sé mi è estraneo, una fattura di un paio di migliaia di euro non pagata dal Comune di Guidonia Montecelio per non meglio specificati pranzi e/o cene, consumati a gennaio 2016 nel ristorante i 2 Lupi da amministratori, dirigenti, giunta, sindaco facente funzioni (Eligio Rubeis era finito ai domiciliari il 15 luglio 2015, il suo Staff dissolto subito dopo). È piuttosto la correlata intervista, dai contenuti chiaramente tendenziosi rilasciata dalla titolare del ristorante i 2 Lupi al giornalista, a rimettere nell’attualità anche i miei e/o i nostri pasti consumati nelle modalità esattamente descritte nell’articolo: il locale trasformato in ufficio, le ore a tavola, il piatto di pasta alle 3 del pomeriggio, il vino, la grappa, le discussioni. Nel nostro caso cambiava solo il finale rispetto a come ha raccontato la ristoratrice incalzata dal giornalista: non ci si alzava e si andava via ma si pagava il conto. Sempre. Si tirava fuori la carta di credito personale e si saldavano le spese per cibarie, vino, grappa. Per fortuna si consumava e non purtroppo, come la titolare dice usando quell’avverbio il cui significato negativo è malauguratamente, disgraziatamente. Parola di per sé calunniosa, lesiva dei clienti paganti se fatti passare per portoghesi.

In genere ci si trovava in tre, quattro a pranzo. Lo Staff del sindaco, la sottoscritta all’epoca addetto stampa, i collaboratori di Rubeis. A volte si univa qualche giornalista o consigliere comunale e per pagare si faceva alla romana. È capitato una o due volta di mangiare con i dirigenti dell’epoca e ognuno metteva mano al portafogli. Questo succedeva non solo ma anche ai 2 Lupi, dove c’era un’atmosfera accogliente grazie a Paolo, il titolare dell’epoca, di cui ancora oggi ho un ricordo affettuoso per la gentilezza e la professionalità. Momenti belli e intensi sotto il profilo umano e lavorativo che qualcuno ha già provato a sporcare nel 2014. Quando viaggiavano richieste di rendicontazioni sui pranzi del sindaco ai 2 Lupi al chiaro fine di screditare il motore di quella competizione elettorale. In piazza e nelle cantine la politichetta avversaria ne parlava alimentando il venticello della calunnia. Così, la circostanza falsa che nello Staff del sindaco si usasse mangiare a sbafo e a spese dei contribuenti, era già diventata una mezza verità. Poi arrivarono i 5Stelle.

L’ex assessore Davide Russo fece una ricerca certosina delle fatture e ne individuò per oltre 5mila euro emesse in un lasso di tempo di mesi e/o anni (pagate dal Comune) relative a pranzi di rappresentanza. Non ho difficoltà a credere che il dossier dei pranzi di Eligio Rubeis sia finito senza suscitare particolari risultanze in Procura. Sicuramente è stato usato dai 5Stelle in aula come «pizzino» intimidatorio contro il consigliere della Lega Arianna Cacioni, che nella vita precedente mangiava ai 2 Lupi, beveva assieme allo Staff però pagava i conti pure lei con la carta di credito personale. Poteva anche capitare di essere ospiti del sindaco nei pranzi di rappresentanza. Chi non lo è stato? Anche il capo di Tiburno era venuto a mangiare ai 2 Lupi in un paio di circostanze su invito del primo cittadino di cui era amico. Assessori, professionisti, consiglieri di maggioranza e opposizione, comunali e regionali, vertici di società pubbliche, tutti sfilavano nei ristoranti e non sempre erano pranzi di rappresentanza che pagava pantalone, con il sindaco che sovente portava le mani al portafogli e lo faceva di tasca sua. Si pranzava alla luce del sole in controtendenza con agli anni precedenti quando i ristoratori facevano la spola con Palazzo Guidoni, dove si desinavano i pasti multipli al chiuso dello studio ovale, ops sindacale.

Oggi questa cattiveria infondata dei pranzi di tutti a spese dei contribuenti è tornata d’attualità nella campagna stampa di Tiburno con tutta la carica virale di maldicenza che si porta dietro. Quasi a voler riaccendere i riflettori sulle ragioni degli altri, i calunniatori a partire dal 2014. Quelli antropologicamente votati all’invenzione di scandali altrui piuttosto che a guardarne di reali in casa propria. Non ho particolari problemi a questo punto: i contenuti tendenziosi costruiti dall’intervistatore nelle domande e dalla titolare nelle risposte possono, nella loro indeterminatezza, essere riferiti a chiunque, lambendo politica e amministrazione, mangiasse ai 2 Lupi in quegli anni e per questo sono calunniosi e diffamatori. Soprattutto verso chi pagava il conto e strisciava la carta di credito personale. C’è un’ampia documentazione a dimostrarlo, ed è arrivato il classico momento che se ne faccia l’uso proprio nelle sedi deputate. Per sgombrare il campo da ulteriori malevolenze dannose alla mia/altrui reputazione. La calunnia è un venticello, a questo punto è diventata una diffamazione aggravata.

Come finisce la storia? Ma anche basta. Basta finire in pasto a gente che ambisce a una vita a scrocco e pensa allo stesso modello applicato ai propri simili in ogni tempo e contesto. Ipse dixit 

AUTORE: Elisabetta Aniballi

Blogger e Giornalista professionista. Nella sua trentennale carriera ha maturato esperienze prevalentemente nella carta stampata senza mai nascondere l'amore per la radio, si occupa inoltre di comunicazione politica e istituzionale.

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