Cubeddu deputato non per i voti ma per un tubo rotto, l’8 luglio in aula Pd-5Stelle pronti a confermarne l’elezione
HA PRESO meno voti di Barbara Saltamartini (Lega), ma la convalida della sua elezione a deputato verrà lo stesso confermata dall’aula di Montecitorio mercoledì 8 luglio 2020.
Dove la maggioranza giallorossa è pronta a seguire l’orientamento della giunta per le elezioni della Camera dei Deputati del 22 giugno scorso. In estrema sintesi la seguente: Sebastiano Cubeddu (5Stelle) non ha vinto il collegio uninominale di Guidonia (il numero 12). Nuove verifiche sulle schede bianche e nulle avvenute dopo la sua proclamazione, hanno già dimostrato che ha preso meno voti della sfidante. Siccome non è più possibile effettuare «verifiche incrociate», così come richiesto dalla stessa giunta, su un campione del 10% dei voti validi attribuiti ai candidati all’indomani delle elezioni politiche, la situazione resta cristallizzata a marzo 2018: Cubeddu è quindi confermato deputato e amen. L’altra si metta l’animo in pace.
La impossibilità della «verifica incrociata» sui voti validi sta nel tubo. Quello che si sarebbe rotto in un bagno del Tribunale di Tivoli. Dove l’acqua avrebbe bagnato le schede lì conservate e che dovevano essere sottoposte all’ulteriore «verifica incrociata» da parte del comitato di controllo dalla giunta per le elezioni. Rendendole «una poltiglia inconsultabile, eliminata poi per ragioni di sicurezza e igiene». Questo ha scritto il presidente del Tribunale di Tivoli Stefano Carmine De Michele. Niente schede, niente seggio da poter riattribuire. Vale l’assegnazione della prima ora a favore di Cubeddu. Che in sede di giunta, in oltre un anno e mezzo di contestazioni contro la sua elezione da parte di Saltamartini, si è difeso come in un tribunale. Richiamando la funzione giurisdizionale della giunta stessa. Sostenendo, alla fine, che a mancare, per il ribaltamento del «verdetto», era la prova. Le schede appunto. Ammalorate e mandate al macero. Insomma, come per chiunque accusato di qualunque reato, in aula è necessaria la presentazione delle prove. Se queste vengono smarrite o distrutte per ragioni «indipendenti» dall’imputato, egli non può essere giudicato. Leggendo i resoconti della memoria difensiva agli atti della giunta, l’onorevole l’ha fatta anche più lunga, scomodando i principi del diritto amministrativo e gli articoli della costituzione. Una roba cervellotica e fantasiosa. Ma in via esemplificativa e paradossale, la linea di difesa intrapresa dall’avvocato/deputato nella seduta pubblica del 22 giugno è stata quella della prova mancante: in quella data la giunta per le elezioni, come in un’aula di tribunale, ha proposto il contraddittorio Cubeddu/Saltamartini e rispettivi avvocati.
Anche se la sfida pubblica all’ultimo cavillo era stata calendarizzata per il 30 marzo 2020. Rinviata poi per il Covid. Ultimo atto di una querelle cominciata subito dopo le elezioni politiche del 4 marzo. Quando la leghista puntava il dito contro l’esigua differenza di voti che la separava dal suo sfidante. Appena 19 nel collegio uninominale, risultato più in bilico tra tutti i collegi uninominali d’Italia. Seguiva, nell’immediatezza del voto, il ricorso di Saltamartini ai magistrati della Corte d’Appello, che davano per buoni i verbali dei seggi, senza verifica diretta sulle schede nulle, bianche e contestate, confermando il risultato e spalancando le porte di Montecitorio a Cubeddu. Ma per Saltamartini la faccenda era tutt’altro che conclusa. Tant’è che all’indomani della proclamazione del grillino, presentava reclamo alla giunta per le elezioni della Camera dei Deputati presieduta da Roberto Giachetti (ex Pd oggi Italia viva). La lenta liturgia di un organismo interno dilatava tuttavia i tempi. Fino al 9 luglio 2019. Quando la giunta ha ritenuto fondate le doglianze di Saltamartini e deciso di aprire un’istruttoria sui voti non attribuiti nel collegio nel 2018. Nominando un comitato interno, che quindi procedeva alla verifica delle schede bianche, nulle e contestate relative alle 259 sezioni elettorali del collegio uninominale numero 12.
Il riconteggio così effettuato ha permesso di scoprire che c’erano 432 nuovi voti validi da distribuire tra i candidati. Che per errore degli scrutatori erano stati considerati come voti non validi. Dopo il riconteggio, il numero delle schede bianche scendeva da 2.151 a 2.075; il numero delle schede nulle passava da 2.773 a 2.440: 95 nuovi voti validi venivano riconosciuti al deputato proclamato eletto Sebastiano Cubeddu, che saliva così ad un totale di 55.467 voti. Alla sua avversaria, Barbara Saltamartini, lo stesso comitato, riconosceva 238 nuovi voti, portando il totale della deputata a 55.582 voti validi. La leghista aveva vinto il collegio. È successo però, nella seduta del 4 dicembre 2019, che il relatore deputato anch’egli leghista Cristian Invernizzi, comunicasse alla giunta che non era stato possibile ricontare le bianche e le nulle di quattro sezioni perché le schede risultavano mancanti dai plichi. Indisponibili. Poca roba in termini di voti, che non avrebbe ribaltato il vantaggio riconquistato da Saltamartini. Ma è l’8 gennaio che tutto cambia. Cubeddu, a un passo dall’esclusione, presenta alla giunta la sua «memoria difensiva» con cui chiede il riconteggio «a campione» anche del 10% dei voti validi attribuiti nelle stesse sezioni esaminate per le nulle e bianche. Sapendo già che le schede, dall’aprile 2019, sono andate distrutte e sarebbe impossibile acquisirle? La faccenda al Tribunale di Tivoli era abbastanza di dominio pubblico, riportata con evidenza anche dalla stampa locale. La giunta incredibilmente, il 25 febbraio, accoglie la richiesta dell’onorevole, nonostante il comitato di verifica abbia respinto «le doglianze di Cubeddu» e con esse i contenuti fantasiosi della memoria depositata.
Ed è dopo questo passaggio che prende forma l’incomprensibile, che ribalterà ancora le sorti del seggio. Come in un romanzo giallo di John Le Carré, su richiesta della giunta, il giudice Stefano Carmine De Michele invia una lettera a Montecitorio comunicando formalmente che non è in grado di trasmettere le schede per il riconteggio del riconteggio. «Con riferimento alla richiesta in oggetto – scrive il magistrato – mi duole non poter mettere a disposizione il relativo materiale». Così la giunta è costretta a prendere atto che la «verifica incrociata» richiesta dal 5Stelle non si può fare e rinvia ogni decisione all’udienza pubblica, in un primo momento fissata al 30 marzo, slittata poi al 22 giugno. Dove, dopo il confronto tra le parti, la camera di consiglio della giunta accoglie la tesi dell’obbligatorietà dell’onere della prova avanzata dalla difesa di Cubeddu. Stando così le cose il seggio non può essere assegnato e dunque rimane al grillino. Ora il verdetto definitivo spetta mercoledì prossimo all’aula di Montecitorio.
Che succede a questo punto? Non c’è un precedente. Roberto Giachetti ha sottolineato nei resoconti che il lavoro di verifica sulle schede bianche e nulle è stato fatto e ha dato un risultato: Saltamartini ha preso più voti. Ma poi in giunta si è astenuto, lasciando che prevalesse la tesi di Cubeddu con il voto determinante dei deputati del Pd che con il M5Stelle puntano alla convalida definitiva della elezione del deputato perché l’istruttoria così com’è è incompleta «per l’impossibilità di acquisire tutti i documenti elettorali indispensabili per la conclusione dell’istruttoria stessa». Cubeddu deputato del tubo (rotto) è proprio il caso di dire.