GUIDONIA MONTECELIO – La questione a questo punto va posta in termini di rappresentanza, perché è impensabile che 200 anime a difesa di proprie rendite di posizione, tengano in ostaggio una intera città che senza questo ostacolo (ormai decennale) potrebbe giovarsi di tariffe agevolate pagando lo smaltimento dei rifiuti la metà di quanto è oggi. Il Cra (comitato di risanamento ambientale) sigla dietro la quale si nascondono i noti urlatori di cui sopra, oggi è tornato ad esternare annunciando l’intenzione di ricorrere al Consiglio di Stato per avere un parere sulla legittimità delle procedure amministrative che hanno portato alla realizzazione del Tmb dell’Inviolata. Basta sarebbe (forse) eccessivo nel richiamare alla memoria campagne fuoriluogo ma dà l’idea. Dal momento che non più tardi di un mese fa, con l’ennesima sentenza a richiamane una decine di precedenti, il Tar del Lazio, il primo grado della giustizia amministrativa, aveva riaffermato che l’autorizzazione regionale al funzionamento dell’impianto di Tmb del 2 agosto 2010 è legittima perché ormai inoppugnabile, quindi efficace ai fini della regolarità anche degli atti amministrativi successivi, compresa l’autorizzazione di rinnovo chiesta dal privato proprietario, la società riconducibile all’imprenditore Manlio Cerroni, del luglio del 2015.

Non se ne può davvero più, lo hanno scritto tra le righe anche in giudici del Tar sollevando, tra l’altro e per l’ennesima volta, un punto focale della faccenda: ma questi professionisti del «ricorso al Tar» chi rappresentano? Sono veramente portatori di interessi pubblici o diffusi? Nel marzo del 2014, lo stesso Tar aveva sentenziato un difetto di «legittimazione attiva e di carenza di interesse» da parte delle associazioni e dei comitati che si ritrovano del Cra, Amici dell’Inviolata Onlus, Comitato Cittadini Marco Simone, Comitato Popolare Nord Est Lazio, osservando che solo Verdi Ambiente Onlus (un’associazione di protezione ambientale riconosciuta come tale dalla norma e tirata nella faccenda del Tmb all’ultimo momento, ovvero nel 2014) aveva i requisiti di legittimità. Un coinvolgimento che è stato un escamotage, un giochetto burocratico per superare l’ostacolo fissato dalla giurisprudenza che non concedeva al Cra il giusto titolo per vedere “riconosciuta la propria legittimazione attiva ad impugnare” le deliberazioni o qualsivoglia atto amministrativo, in nome di un «generico scopo di tutela dell’ambiente e del territorio». Tant’è verrebbe da dire, eppure senza tregua, a difesa della popolazione e contro i giornalisti evidentemente cattivi e pennivendoli (il riferimento è nel loro comunicato di oggi) quelli del Cra sono pronti a diluire ancora l’esito già scritto di una procedura ricorrendo al Consiglio di Stato, dopo avere regalato alla città una vicenda processuale lunga dieci anni, dai contorni paradossali e che ha intasato le aule della giustizia amministrava, civile e penale.

Duecento persone contro la stragrande parte dei cittadini che non sa e subisce, con una politica locale schiacciata su posizioni di retroguardia, spaventata, impegnata tutt’al più nell’organizzazione di flash mob nell’ambito di generiche campagne «Rifiutiamoci», è il caso del Partito democratico della Provincia di Roma. Forse una vera campagna d’informazione rivolta alle comunità locali metterebbe i cittadini nella condizione di capire e decidere sui vantaggi (economici) e i pericoli derivanti dall’ospitare un impianto di Tmb sul territorio, magari attraverso un referendum consultivo comunale, perché se mobilitazione contro il Tmb ci deve essere che arrivi almeno dalla maggioranza e non da frangette limitrofe di scalmanati che hanno fatto dell’attivismo contro Cerroni (Manlio) un lavoro a tempo pieno. (Immagine di copertina è presa da Tiburno.Tv)

AUTORE: Elisabetta Aniballi

Blogger e Giornalista professionista. Nella sua trentennale carriera ha maturato esperienze prevalentemente nella carta stampata senza mai nascondere l'amore per la radio, si occupa inoltre di comunicazione politica e istituzionale.

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